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  • Lo sguardo del sociologo abbraccia per com-prendere
    Studiosi italiani ricordano cent'anni dalla pubblicazione del Trattato di Sociologia Generale di Vilfredo Pareto
    Maria Caterina Federici (sous la direction de)

    M@gm@ vol.15 n.1 Janvier-Avril 2017





    ANIMA: UN ROMPICAPO PER LE SCIENZE SOCIALI? IL CONTRIBUTO DI PARETO

    Roberta Iannone

    roberta.iannone@uniroma1.it
    Professore associato di Sociologia generale alla Sapienza Università di Roma.


    Ritratto di Vilfredo Pareto - Disegno di Dariush Radpour per "Il Giornale"

    Introduzione

     

    Niente può dirsi più estraneo alla riflessione di Pareto del concetto di anima. A dircelo è innanzitutto il significato delle aggettivazioni di "logico" e di "sperimentale" con cui appella il metodo; la centralità attribuita ai "fatti" quale unico oggetto conoscitivo del metodo neopositivista; il "dovere" di scartare tutte le nozioni extra o metaempiriche se si vuole aspirare a fare scienza.

     

    Scrive Aron a questo riguardo, riferendosi a Pareto: «nulla di ciò che va al di là dell'esperienza trova posto nella scienza. Le definizioni di essenze devono essere eliminate dalla scienza logico sperimentale che fa uso di concetti chiaramente definiti in rapporto a fenomeni osservabili. Le discussioni scientifiche devono riferirsi sempre alla realtà e non al senso che noi diamo alle parole» (R. Aron, 1965, tr.it 1972, p. 380).

     

    Non solo. Forse non esiste concetto più inafferrabile, più etereo e impalpabile dell'anima, ma anche concetto più antico e quindi carico di significati e polisemico: si parla di anima già nelle culture primitive e nelle antiche civiltà dell'Egitto, della Mesopotomia, dell'India e dell'Arabia e la ritroviamo nelle Sacre Scritture e nella cultura greca con i suoi miti (di Psiche e Orfeo) e i suoi pensatori (G. Ravasi, 2003; L. Vanzago, 2009). Così come, forse, non esiste concetto più suscettibile di interpretazione a seconda dell'approccio: c'è l'anima teologica (alla quale, forse più facilmente, corre la nostra immaginazione, per associazioni di idee, quando parliamo di anima), ma c'è anche un'anima filosofica, antropologica, psicologica, poetica, neuronale (U. Galimberti, 1987).

     

    Posta così la questione, non ha senso accostare il concetto di anima al pensiero di Pareto. Si tratta di una categoria concettuale e fenomenologica troppo distante per poter interessare il Nostro e, soprattutto, per poter essere indagata con il metodo delle scienze sociali empiriche.

     

    E questa è sicuramente una parte di verità di merito e di metodo. Ma c’è dell’altro? L’impressione è che ci sia anche qualcosa che vada in tutt’altra direzione rispetto a quella più auto-evidente e appena descritta. Seguire questa ulteriore direzione conoscitiva non è privo di ostacoli e lascia sempre aperta la porta del dubbio e di qualche insicurezza euristica di troppo. Le potenzialità conoscitive che si aprono seguendo il concetto di anima (anche) in Pareto sono però tali che, forse, vale la pena rischiare uno sforzo gnoseologico in più. In questo senso, come nota Beltrame (L. Beltrame, 2006), «Pareto è andato incontro ad interpretazioni contrastanti. Per molti autori rappresenta, infatti, un teorico dell’irrazionalità dell’agire umano (cfr. Bobbio 1973), affiancabile ad altri pensatori che rivendicarono il ruolo dell’inconscio e degli istinti nel determinare la condotta dell’uomo. Questa interpretazione non è priva di fondamento, e deve la sua legittimità ad una “profonda ambiguità che abita l’opera di Pareto”» (Boudon 2000, 31).

     

    La scienza per Pareto

     

    È noto che per Pareto la scienza non è una pura e semplice riproduzione dei fenomeni che osserviamo esteriormente (Pareto non è un mero “positivista”) e che non deve occuparsi tanto delle azioni logico-sperimentali, ma soprattutto di quelle non logiche, essendo esse la maggioranza, quelle meno conosciute, quelle più dissimulate e sfigurate (perché forte, come sappiamo, è la tendenza degli esseri umani ad ingannarsi, vittime come sono dell'istinto umano alle razionalizzazioni).

     

    È vero, dunque, che la scienza (con il suo metodo, il suo oggetto e la sua tensione ideale) deve essere logico-sperimentale, ma questo non significa chiudere gli occhi di fronte a ciò che logico e sperimentale non è. Anzi. Tutto lo sforzo del Trattato di sociologia generale (V. Pareto, 1916, 1964), come noto, consiste semmai, nel capire e spiegare, in maniera logica e scientifica[1] tutta quella infrastruttura di sentimenti, istinti, impulsi e creatività (D. Padua, 2009) che è alla base delle azioni non logiche. È questo il problema fondamentale affrontato nell’opera, lo snodo principale dei suoi studi, ma è anche, a mio avviso, ciò che più può aiutare a spiegare scientificamente il concetto di anima (e ciò al di là di quanto Pareto abbia o meno utilizzato espressamente questa categoria concettuale nelle sue opere).

     

    In che senso, dunque, la sociologia di Pareto può contribuire a spiegare scientificamente il concetto di anima? E qual è il vantaggio di questa operazione? A che serve dire che la sociologia di Pareto aiuti nella spiegazione del concetto di anima?

     

    Breve excursus sul concetto di anima

     

    Il concetto di anima è molto più presente nella sociologia, sia pure classica e non contemporanea, di quanto si sia disposti a pensare, o a riconoscere, in prima battuta. Si pensi in particolare alla “parcellizzazione dell'anima” di cui ci ha parlato Weber (M. Weber, 1924, p. 414), all' “anima europea” di cui ci ha parlato Sombart (W. Sombart, 1916, tr. it. 1978, pp. 792 e ss.), all' “anima individuale e collettiva” di Durkheim (É. Durkheim, 1912, tr. it. 1963), per fare soltanto degli esempi.

     

    Ovviamente non è possibile in questa sede cogliere le differenze esistenti tra queste idee di anima, ma ci basti considerare che non è un concetto completamente estraneo alla sociologia e che, se volessimo trarre un denominatore comune (sia pure con tutte le storture imposte dalla sintesi), potremmo individuarlo, come Sombart forse più di tutti ci insegna, nei “motivi che presiedono all'agire” e che “individualizzano”. Potremmo cioè individuare l'anima, per dirla con Durkheim, nel principio totemico individualizzato, cioè la “personalità” come pure sempre Durkheim la chiama. Una personalità legata precisamente alle “pulsioni motivazionali” (quindi non inconsce, né razionalizzate come gli interessi), anziché a tutto il resto che pure il concetto di personalità - come anche di personalità di base e di carattere sociale - contengono.

     

    Spiegare scientificamente l’anima?

     

    Quali aspetti della sociologia di Pareto contribuiscono dunque alla spiegazione scientifica dell'anima? È possibile individuare degli ambiti di analisi che sembrano promettenti al riguardo, soprattutto se adeguatamente indagati. In questa sede ci si limiterà a menzionarli.

     

    I. Innanzitutto vi è ciò che Pareto chiama lo stato psichico indagabile per lo più dalla psicologia e, nelle sue manifestazioni, anche dalla sociologia (R. Bastide, 1950, tr. it. 1972; F. Manieri, 1970).

     

    II. Ma soprattutto vi è l’interdipendenza che Pareto rintraccia tra lo stato psichico, gli atti e i sentimenti (rispettivamente A, B, C) o, più precisamente, tra vari elementi quali i sentimenti, le sensazioni e le credenze. Interdipendenza che, come noto, Pareto preferisce alla sequenza più lineare, ma anche meno esplicativa, data dal rapporto causa-effetto.

     

    L’interdipendenza diventa interessante perché, se è vero che le sensazioni, come il “governo dei loro rapporti reciproci”, cioè lo stato psichico, sfuggono alla sociologia, è anche vero che le sensazioni per Pareto sono accompagnate da manifestazioni neurofisiologiche definite stato fisico e tra sensazioni e stato fisico esiste un nesso di interdipendenza (E. Rutigliano, 1994; R. Conforti, 2006; M. B.C. Garzia, 2011).

     

    Si tratta della dimensione biologico-comportamentale (che Pareto peraltro lega ad eredità ed ambiente). Ed è la componente neurofisiologica delle sensazioni che oggi, anche attraverso il concetto di anima, trova spazio nelle neuroscienze (F. Ansermet, P. Magistretti, 2008; N. Humphrey, 2011, tr. it. 2013; V. Andreoli, F. Buzzi, 2012). D'altra parte sappiamo quanto il concetto di anima chiami in causa l'interdipendenza con il corpo, cioè l'interdipendenza tra biologico e culturale, tra corpo e spirito.

     

    Inoltre i sentimenti, oltre alle sensazioni e loro manifestazioni comportamentali, secondo Pareto si esprimono anche in una dimensione cognitiva che comprende le credenze (che possiamo chiamare i residui credenza anziché residui sentimenti) e le derivazioni (F. Burzio, 1948). Si esprime cioè in simbolismi e rituali che non sono solo le derivazioni con funzione di mascheramento. Nel caso dell'anima abbiamo quindi la tensione a trascendere l'esperienza e mantenere l'essere umano nel tempo, che diventa residuo-credenza dell'anima quale unità della persona. Il cambiamento psichico e corporale a sua volta diventa derivazione attraverso cui spiegare tutto ciò a cui l'anima assolverebbe.

     

    Si noti, peraltro, che tra sensazioni e credenze c'è interdipendenza, nel senso che le sensazioni incidono sulle credenze, ma queste hanno anche un effetto di ritorno sulle prime. Così, la credenza nell'esistenza dell'anima, non potrà che rafforzarne la sensazione di esistenza di essa e la relativa pulsione. Esattamente attraverso quel meccanismo ben descritto da Weber a proposito dei convincimenti del calvinista in relazione al capitalismo.

     

    Sensazioni e cognizioni producono, infine, una valutazione della situazione tesa, come nota Mutti (1994) a definire la diversa intensità e a ricomporre l'eventuale contraddittorietà delle emozioni. E non sembra infondato ritenere che forse il concetto di anima sia riconducibile anche ad un processo di “valutazione della situazione”.

     

    A porsi come centrale nell’indagine di Pareto è dunque l'interdipendenza tra l’elemento biologico, cognitivo e socialmente costruito: esattamente ciò che il concetto di anima generalmente esemplifica in tutta la letteratura, pure variegata, di riferimento.

     

    III. Anche i residui, d’altra parte, possono rimandare al concetto di anima. Se volessimo fare qualche esempio specifico di residuo, è il caso della classe della “persistenza degli aggregati” nel genere “persistere di un'astrazione” o “personificazione”, che è ciò che spinge gli uomini a considerare una astrazione come fosse una realtà, a personificare una idea, a prestare a tali personificazioni una volontà[2].

     

    Come questo residuo ce ne sarebbero anche altri, come interessante è la combinazione tra residui, posto che, come noto, nessun comportamento umano si spiega mai con un solo residuo.

     

    IV. Le derivazioni pure possono spiegare meglio l'anima. Pensiamo alla “forza persuasiva” che, secondo Pareto, le derivazioni hanno per definizione.

     

    Sappiamo inoltre che anche le derivazioni si articolano in classi e, fra le varie classi, la più interessante ai nostri fini sembra essere la seconda, quelle basata sul “principio di autorità” e, in particolare, quelle che si richiamano a sentimenti o principi, che si basano su entità giuridiche o metafisiche e fanno appello a volontà di esseri soprannaturali. In questo caso le derivazioni traggono la loro forza persuasiva dall'accordo con sentimenti o principi.

     

    VI. La resistenza delle astrazioni sentimentali e metafisiche è, poi, un ulteriore ambito conoscitivo che andrebbe indagato.

     

    Si tratta infatti di processi trasversali sia agli uomini colti che alle “persone incolte” e intramontabili. Se, infatti, per Comte (A. Comte, 1830-42, tr. it. 1967) il progresso avrebbe portato al superamento del pensiero teologico e metafisico, e quindi al superamento dei “concetti metafisici”, per Pareto le astrazioni sentimentali e metafisiche, e più in generale i vari modi di pensare, si ritroveranno sempre contemporaneamente in tutte le epoche. Al massimo in ogni epoca storica ci potranno essere delle oscillazioni nell'influenza relativa di ognuno dei diversi modi di pensare.

     

    Non a caso il concetto di anima ricorre anche ai nostri giorni sempre più “logico-sperimentali” (addirittura si parla di anima in economia!) e se è indubbio che l'umanità di oggi accordi uno spazio sempre maggiore al pensiero logico sperimentale, è anche vero che una società non potrà mai basarsi solo ed esclusivamente su questo tipo di pensiero. Fosse anche perché esso non comporta la determinazione dei fini e perché «la natura dell'animale uomo è tale che la sua condotta non può essere sempre motivata da ragionamento» (R. Aron, 1965, tr.it 1972, p. 406).

     

    Diverse risultano, dunque, le ragioni perché si possa impiegare la sociologia di Pareto per spiegare l'anima. Resta da chiarire un punto determinante: quale vantaggio traiamo da questi sforzi conoscitivi? Si tratta solo di vantaggi “in re ipsa”, cioè nelle cose, legati alla possibilità di conoscere ed affermare un concetto in più, come quello di anima, o di affermarlo anche in sociologia, e non solo in altre discipline affini (filosofia, psicologia, antropologia, religione e neuroscienze), o c'è dell’altro?

     

    Non sembra infondato ritenere che ci sia qualcosa di più della mera acquisizione nella nostra scienza di una nuova (o rinnovata) categoria concettuale, per quanto tale acquisizione già di per sé sarebbe importante. E l’impressione che muove queste considerazioni è che questo “qualcosa in più” abbia a che fare tanto con ciò che è e fa società, tanto con ciò che è e fa sociologia.

     

    Cosa sia e faccia società ce lo ha insegnato da tempo Durkheim quando, proprio a proposito del concetto di anima, scrive: «come non esiste società conosciuta che sia priva di religione, così non c'è società, per quanto grossolanamente organizzata, in cui non si trovi un intero sistema di rappresentazioni collettive che si riferiscono all'anima, alla sua origine, al suo destino» (É. Durkheim, 1912, tr. it. 2013, p. 301). Il concetto di anima non può dunque essere ignorato in alcun modo perché costitutivo di qualsiasi società storicamente esistita e ben vengano metodi logico-sperimentali come quello di Pareto che possano aiutare nella acquisizione conoscitiva di tali concetti.

     

    Ciò che è e fa sociologia ce lo ha insegnato Pareto stesso quando ci ha detto che «anche un ragionamento assurdo e sciocco è un fatto e, quando sia da molti accolto, diventa un fatto importante per la Sociologia»[3] (V. Pareto, 1916, 1964, p. 98).

     

    Se così è, allora, la sociologia non può esimersi dal cogliere le radici di questo fenomeno/costrutto, fosse esso pure soltanto un concetto o un'astrazione, anzi, a prescindere dalla natura ontologica dell'anima che non può e non deve riguardare la sociologia. Vale qui, a me sembra, l'ammonimento di Pareto quando questi invita la sociologia a procedere un po' come la filologia affinché progredisca al suo livello. Così come la filologia indaga le radici e le derivazioni dalle quali hanno origine i vocaboli, così la sociologia deve indagare le radici dei fenomeni sociali, o di quei termini, come quello di anima, che non nascono per opera dei dotti (come Pareto direbbe a proposito dei termini ossigeno, termometro o altro) ma da parte del volgo. Non a caso qualsiasi volgo, in qualsiasi punto della terra e in qualunque epoca storica, ha avuto la sua idea di anima e dunque anche alle radici di questo concetto/fenomeno possono corrispondere le più note azioni non logiche.

     

    Da un lato c’è dunque l’inevitabile spinta a considerare i residui come una sorta di “contenuto” dell’anima, o comunque della parte meno accessibile e razionale dell’uomo. Dall’altra, a ben vedere, poiché non è possibile imbattersi nei residui che non siano rivestiti di derivazioni, e poiché questa sembra essere l’unica via di accesso ai primi, in realtà “anima” diventa, o può diventare, la derivazione di tutti i tempi: quella con e grazie alla quale per migliaia di anni si è cercata una risposta proprio sui residui. Interrogarsi sull’anima, allora, diventa una delle declinazioni attraverso cui fare sociologia: chiedendosi, cioè, non già se un concetto/ragionamento sia vero o falso, ma perché acquisisca così tanto consenso da sempre.

     

    Bibliografia Essenziale

     

    Ansermet F., Magistretti P., A ciascuno il suo cervello. Plasticità neurale e inconscio, Torino, Bollati Boringhieri, 2008.

    Andreoli V., Buzzi F., L’anima e la mente, Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2012.

    Aron R. (1965), Main Currents in Sociological Thought, tr. it. Le tappe del pensiero sociologico, Milano, Mondadori, 1972.

    Bastide R. (1950), Sociologie et psychanalyse, tr. it. Sociologia e psicoanalisi, Bari, Dedalo libri, 1972.

    Beltrame L., “Verità e utilità sociale. La teoria dell’azione di Pareto e la sociologia della scienza”, in Rassegna italiana di sociologia, a. XLVII, n. 3, luglio-settembre 2006.

    Burzio F., “Il concetto di residuo in Pareto”, in Giornale degli economisti e annali di economia, anno VII (nuova serie), fasc. 3-4, marzo-aprile, 1948.

    Conforti R., La psicoanalisi tra scienze umane e neuroscienze. Storia, alleanze, conflitti, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2006.

    Comte A. (1830-42), Cours de philosophie positive, tr. it. Corso di filosofia positiva, a cura di F. Ferrarotti, Torino, UTET, 1967.

    Durkheim É. (1912), Les formes élémentaires de la vie religieuse, tr. it. Le forme elementari della vita religiosa, Milano, Mimesis, 2013.

    Galimberti U., Gli equivoci dell’anima, Milano, Feltrinelli, 1987.

    Garzia M.B.C., “Dalle neuroscienze cognitive alla sociologia”, in Quaderni del Dipartimento di Sociologia e ricerca sociale, Facoltà di Sociologia, Università degli Studi di Trento, 55, aprile 2011.

    Humphrey N. (2011), Soul Dust, tr. it. Polvere d’anima. La magia della coscienza, Torino, Codice edizioni, 2013.

    Manieri F., Freud, psicoanalisi e società, Roma, Newton Compton, 1970.

    Mutti A., Il contributo di Pareto alla sociologia delle emozioni, in E. Rutigliano (a cura di), La ragione e i sentimenti. Vilfredo Pareto e la sociologia, Milano, FrancoAngeli, 1994.

    Padua D., Agire creativo e senso della razionalità in Pareto, Milano, FrancoAngeli, 2009.

    Pareto V. (1916), Trattato di sociologia generale, Milano, Comunità, 1964.

    Ravasi G., Breve storia dell’anima, Milano, Mondadori, 2003.

    Rutigliano E., La ragione e i sentimenti. Vilfredo Pareto e la sociologia, Milano, FrancoAngeli, 1994.

    Sombart W. (1916), Der moderne Kapitalismus, tr. it. Il Capitalismo moderno, Torino, UTET, 1978.

    Vanzago L., Breve storia dell’anima, Bologna, il Mulino, 2009.

    Weber M., Gesammelte Aufsätze zur Soziologie und Sozialpolitik, Mohr, Tübingen, 1924, p. 414.

    Note

    [1] Tant'è che dallo studio dei residui Pareto sembrerebbe escludere addirittura gli “interessi” perché, come dice Aron, derivano dalla “presa di coscienza di uno scopo” che generalmente porta (come nel caso evidente dell'interesse economico, ma anche nel caso dell'interesse politico) a condotte logiche.

    [2] Schematizzando, utili nella connessione con il concetto di anima, all'interno dell'istinto delle combinazioni sono i generi: combinazione in generale; combinazioni di cose simili od opposte; cose rare ed avvenimenti eccezionali; operazione misteriosa di certe cose e di certi atti; operazioni misteriose in generale; nomi vincolati misteriosamente alle cose. Per la persistenza degli aggregati: persistenza delle relazioni di un uomo con altri uomini e con luoghi; relazioni con luoghi; persistenza delle relazioni dei viventi con i morti; persistenza delle relazioni di un morto e delle cose che erano sue mentre era in vita; persistenza di una astrazione; sentimenti trasformati in realtà oggettive; personificazioni; bisogno di nuove astrazioni.

    [3] Inoltre, non dimentichiamoci che Pareto precisa che i residui non sono realtà concrete, ma concetti analitici per comprendere il funzionamento della società. Corrispondono certamente a qualcosa nella natura o condotta dell'uomo, ma non “sono” la natura o condotta stessa. Sono quindi un concetto analitico, al pari dell'anima, forgiato per comprendere il funzionamento della società.


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