Ciò che è in divenire, la pluralità
dei mondi che si incontrano e convivono, non può essere ridotta
alla difesa di unità sostanziali, l'ego identitario delle
società insidiato dall'altro diverso da noi; piuttosto di
ravvivare l'attuale violenza identitaria possiamo scoprire
altri itinerari che ci conducono all'altro nel divenire verso
un altro mondo possibile.
Non è vero che la natura ha paura
del vuoto. Forse addirittura si completa. Il vuoto è anche
una modalità dell'essere. È possibile nidificarvisi, avvolgersi
pigramente e, così, proteggersi dall'angoscia del tempo che
passa. Il vuoto delle apparenze è, in alcuni momenti, una
delle forme d'espressione della vita sociale. Oltretutto occorre
saperle riconoscere. Certamente, abbiamo tutti un'esistenza
personale, ma siamo, ugualmente, i rappresentanti, a volte
anche le vittime, di uno "spirito comune", forse anche di
un "inconscio collettivo" che si è costituito di secolo in
secolo. E, molto spesso, quando crediamo di esprimere le nostre
idee, siamo soltanto dei portavoce, comparse di un vasto "theatrum
mundi" dalle dimensioni infinite.
Il n'est pas vrai que la nature
a horreur du vide. Peut-être même s'y complait-elle. Le creux
est aussi une modalité de l'être. Il est possible de s'y nicher,
de s'y lover paresseusement et, ainsi, de se protéger contre
l'angoisse du temps qui passe. Le creux des apparences est,
à certains moments, une des formes d'expression de la vie
sociale. Encore faut-il savoir le reconnaître. Certes, nous
avons tous une existence personnelle, mais nous sommes, également,
les représentants, parfois même les victimes, d'un "esprit
commun", peut-être même d'un "inconscient collectif" qui s'est
constitué de siècle en siècle. Et, très souvent, là où nous
croyons exprimer nos propres idées, nous ne sommes que les
porte-voix, les figurants d'un vaste "theatrum mundi" aux
dimensions infinies.
Dress-code apre verso le polifonie
autorappresentative del soggetto che sfida ogni identità fissa,
compatta, unitaria, gioca con ironia/parodia con gli stili
(etnico, dark, punk, fetish, folk, cosmopolita, ecc.), ibridizza
il corpo come opus che assembla pelle, oggettistica, cosmetica,
sensoralia; dialoga, evoca, cita, indossa, crea lo spazio
entro il quale si muove. Nel dress-code ogni tratto non ha
un significato codificato dall'uso (moda), tanto meno inconscio.
I simboli sono imbrogliati e "giocati", gli archetipi derisi
e dissolti. Dress-code stabilisce relazioni di sintonia, dissonanza,
agglutinazione con "il locale" verso cui si dirige e da cui
è attratto, per superare quella linea fatale e fatata dell'ingresso:
vera zona liminoide che, una volta varcata, innesca il momentaneo
scorrere del suo desiderio.
La lotta, la selezione sociale,
segue a partire dalla modernità e fino ai nostri giorni, due
strade di predilezione: l'arte e la scienza. La nozione "cultura"
comporta del resto contemporaneamente due sfumature. Talvolta
uguali, i due campi s'intrecciano, concludono delle alleanze
e creano dei fronti comuni contro il nemico. La stessa nozione
di "cultura" è uscita da un quadro polemico, quello della
"battaglia" tra i Moderni e i Romantici, frutto di un'alleanza
tra forze scientifiche e forze morali, tra la scienza più
matematica e l'arte più irrazionale. L'intero discorso, ivi
compreso il discorso scientifico, obbedisce dunque alle leggi
della lotta o della selezione. E' importante occuparsi più
della questione della scienza e della questione della produzione
del discorso scientifico per meglio comprendere i meccanismi
di questa lotta.
La lutte, la sélection sociale,
poursuit alors à partir de la modernité et jusqu'à nos jours,
deux voies de prédilection: l'art et la science. La notion
de "culture" comporte d'ailleurs les deux nuances à la fois.
Parfois même, les deux champs s'entremêlent, concluent des
alliances et créent des fronts communs contre l'ennemi. La
notion même de "culture" est sortie d'un cadre polémique,
celui de la "bataille" entre les Modernes et les Romantiques,
fruit d'une alliance entre forces scientifiques et forces
morales, entre la science la plus mathématique et l'art le
plus irrationnel. Tout discours, y compris le discours scientifique,
obéit donc aux lois de la lutte ou de la sélection. Il est
important de nous pencher plus sur la question de la science
et sur la question de la production du discours scientifique
afin de mieux comprendre les mécanismes de cette lutte.
Orazio Maria Valastro - Angela Fichera - Linda Caserta
Il nostro contributo collettivo
è un rapporto di attività che ci permette al tempo stesso
di considerare il modello d'intervento che ha caratterizzato
la nostra équipe interprofessionale, confrontata con la condizione
sociale, personale e familiare, di alcuni soggetti diversamente
abili. Assumono particolare rilevanza in questi contesti le
dinamiche relazionali che danno forme significative e condivise
alla vita quotidiana, stabilendo riferimenti e offrendo ragioni
e motivazioni all'esperienza e all'azione comune. L'attenzione
a quanto esse rappresentano, in termini di possibilità di
trasformare la situazione di vita quotidiana in contesti di
aiuto, di crescita e di intervento, diventa pertanto terreno
privilegiato per sviluppare un intervento sociale che vede
coinvolti i singoli operatori e l'intera équipe educativa
insieme ai familiari.
Scopo di questo contributo è
analizzare le problematiche della formazione di identità nella
società contemporanea, problematiche trasversali, che riguardano
la costruzione del sé, le reti di relazioni che si determinano
in una società complessa e i contesti anche virtuali che in
essa si costruiscono. Identità caratterizzate da alta volatilità
e perciò deboli, identità che non danno senso alla vita, perché
dipendono da stili di vita temporanei, difficilmente sequenziabili.
L'articolo propone una rilettura di Pareto e di Gehlen, testi
di Risè e Prandstraller hanno permesso di definire meglio
la dimensione qualitativa delle identità deboli. L'affievolirsi
della figura paterna, nella società contemporanea, sia essa
postindustriale, postmoderna, neomoderna è una ragione evidente
della formazione di identità deboli.
Questa prospettiva - che trae
le sue origini dal pensiero di G.H. Mead e di A. Schutz -
sottolinea la natura simbolica delle interazioni umane e concepisce
la devianza come risultato di un processo interattivo tra
il soggetto che compie azioni, le norme che di tali azioni
definiscono il grado di liceità, la reazione sociale all'infrazione
delle norme e le modificazioni dell'identità personale legate
ai processi di etichettamento, stereotipizzazione ed esclusione.
Nelle opere di Lemert, Becker, K.T. Erikson e poi Goffman
e Matza - i cosiddetti Neochicagoans - l'analisi delle cause
è sostituita dall'esame dall'analisi dei processi sociali
ed istituzionali di controllo sociale e, in generale, della
complessa interazione tra soggetto deviante, norme e reazione
sociale. In questo contributo, esaminiamo le peculiarità e
le unità metodologiche dominanti di questo approccio che,
a nostro giudizio, rappresenta ancora un punto di riferimento
importante sia nella attuale analisi qualitativa applicata
al settore della devianza, sia in qualità di "strumento" utilizzato
dagli operatori istituzionali nell'ambito dell'interazione/relazione
educativa con il soggetto deviante.
La mia avventura tra gli artisti
di strada è nata e cresciuta mano a mano che mi sono avvicinata
a loro. Il momento cruciale nel quale mi sono sentita più
vicina a loro è stato durante una cena. Momento ovviamente
intimo e di condivisione durante il quale mi hanno coinvolto
nelle loro discussioni. Lì, girando per i tavoli, ho ascoltato
le conversazioni degli artisti che socializzavano raccontandosi
delle loro esperienze, soprattutto le tecniche di acquisizione
dei metodi teatrali e circensi, della loro "carriera", rimarcando
sempre il necessario e difficile rapporto con la 'gente'che
critica il loro essere nomadi, il loro stile di vita che caratterizza
un 'viaggio'.
Nonostante le differenze evidenti
tra i tre contesti presentati, in comune c'è chi raccoglie
ed il suo metodo che, così come per le olive o per l'uva,
è ogni volta diverso ed uguale. Consapevolmente, per definizione,
il ricercatore stimola il ricordo, sollecita connessioni logico/temporali,
richiede interpretazione, precisione e precisazioni, allestisce
lucidamente il quadro delle informazioni e le seleziona per
attinenza. Ma inevitabilmente rievoca anche, nell'interlocutore,
sensazioni del passato, ne accoglie il vissuto partecipando
empaticamente al racconto, lo rassicura rispetto a eventuali
reazioni emotive, raccoglie informazioni utili ad adeguare
politiche attive e, a volte, incoraggia la proiezione nel
futuro.
L'identità rinvia quasi sempre
alle proprie origini; immobilizza. È incapace di pensare il
divenire che sorge dall'incontro. Si oppone in questo al processo
del métissage, un pensiero che non è ancora stato veramente
elaborato. Io vedo l'identità coma compattezza e completezza
e mai come mancanza e perdita. La rassicurazione identitaria,
la certezza, la violenza identitaria: ecco cosa bisogna mettere
in crisi, più che in questione. Siamo alla ricerca di un nuovo
paradigma che è attualmente in formazione e che io chiamo
métissage. Il fatto di continuare a utilizzare stereotipi
come identità, rappresentazione e molti altri, finisce per
impedire l'esercizio del pensiero critico. (...) Il métissage
è quel momento improbabile che rientra nel campo di una conoscenza
vibratoria e non del sapere. Come dire? Il sapere - mi rifaccio
a Maurice Blanchot - è il pensiero del giorno, il pensiero
che illumina, il pensiero che analizza, che vede tutto chiarito
dalla luce e se ne impossessa. Il pensiero identitario vi
s'inscrive bene. Mentre al contrario la conoscenza vibratoria
è la conoscenza del giorno e della notte alternati, la conoscenza
della penombra. Il métissage si trova in questi momenti assai
rari che sorgono prima che si rapprenda il cemento identitario.
È talmente raro!.
La psicodinamica transculturale
diviene strumento e contenuto per superare i confini, i limiti,
i muri, le barriere tra le razze e le culture, considerando
la peculiarità dello specifico identitario una chiave di interpretazione
del disagio e della sofferenza a livello biopsicosociale e
ubiquitario.
Questo breve saggio attacca l'identità
e la rappresentazione in quanto nozioni epistemologicamente
povere, falsamente realiste, politicamente reazionarie. La
nostra epoca di "incertezza identitaria", di "perdita dell'identità"
è, secondo Laplantine, il momento migliore per spazzare via
questi due dinosauri concettuali, retaggio della metafisica
platonica e medievale, e riscoprire la ricchezza del diverso,
dell'incontro con l'altro. L'autore cerca di dimostrare l'inconsistenza
e l'inutilità ai fini della ricerca nelle scienze sociali,
e nell'antropologia in particolare, di identità e rappresentazione,
proponendo di sostituirle con la nozione di métissage, meticciato.
Consacreremo la prima parte di
quest'articolo alle manifestazioni corporee dell'emozione.
La psicologia sperimentale, insieme alla neuro-biologia, hanno
evidenziato le differenti risposte corporee più o meno percettibili.
Ma al di là di queste manifestazioni puramente oggettive le
cui percentuali e oscillazioni possono essere valutate, misurate
... E' l'aspetto soggettivo e le loro ripercussioni che c'interessa.
Quali significati possono avere le emozioni per la persona
che le prova? Questi temi saranno l'oggetto della seconda
parte. Ci situiamo in quanto ricercatori che interrogano altri
soggetti, ma è evidente che non possiamo fare astrazione delle
nostre passioni.
Orazio Maria Valastro
Ciò che è in divenire, la pluralità dei mondi che si incontrano e convivono, non può essere ridotta alla difesa di unità sostanziali, l'ego identitario delle società insidiato dall'altro diverso da noi; piuttosto di ravvivare l'attuale violenza identitaria possiamo scoprire altri itinerari che ci conducono all'altro nel divenire verso un altro mondo possibile.
Michel Maffesoli
Non è vero che la natura ha paura del vuoto. Forse addirittura si completa. Il vuoto è anche una modalità dell'essere. È possibile nidificarvisi, avvolgersi pigramente e, così, proteggersi dall'angoscia del tempo che passa. Il vuoto delle apparenze è, in alcuni momenti, una delle forme d'espressione della vita sociale. Oltretutto occorre saperle riconoscere. Certamente, abbiamo tutti un'esistenza personale, ma siamo, ugualmente, i rappresentanti, a volte anche le vittime, di uno "spirito comune", forse anche di un "inconscio collettivo" che si è costituito di secolo in secolo. E, molto spesso, quando crediamo di esprimere le nostre idee, siamo soltanto dei portavoce, comparse di un vasto "theatrum mundi" dalle dimensioni infinite.
Michel Maffesoli
Il n'est pas vrai que la nature a horreur du vide. Peut-être même s'y complait-elle. Le creux est aussi une modalité de l'être. Il est possible de s'y nicher, de s'y lover paresseusement et, ainsi, de se protéger contre l'angoisse du temps qui passe. Le creux des apparences est, à certains moments, une des formes d'expression de la vie sociale. Encore faut-il savoir le reconnaître. Certes, nous avons tous une existence personnelle, mais nous sommes, également, les représentants, parfois même les victimes, d'un "esprit commun", peut-être même d'un "inconscient collectif" qui s'est constitué de siècle en siècle. Et, très souvent, là où nous croyons exprimer nos propres idées, nous ne sommes que les porte-voix, les figurants d'un vaste "theatrum mundi" aux dimensions infinies.
Massimo Canevacci
Dress-code apre verso le polifonie autorappresentative del soggetto che sfida ogni identità fissa, compatta, unitaria, gioca con ironia/parodia con gli stili (etnico, dark, punk, fetish, folk, cosmopolita, ecc.), ibridizza il corpo come opus che assembla pelle, oggettistica, cosmetica, sensoralia; dialoga, evoca, cita, indossa, crea lo spazio entro il quale si muove. Nel dress-code ogni tratto non ha un significato codificato dall'uso (moda), tanto meno inconscio. I simboli sono imbrogliati e "giocati", gli archetipi derisi e dissolti. Dress-code stabilisce relazioni di sintonia, dissonanza, agglutinazione con "il locale" verso cui si dirige e da cui è attratto, per superare quella linea fatale e fatata dell'ingresso: vera zona liminoide che, una volta varcata, innesca il momentaneo scorrere del suo desiderio.
Panagiotis Christias
La lotta, la selezione sociale, segue a partire dalla modernità e fino ai nostri giorni, due strade di predilezione: l'arte e la scienza. La nozione "cultura" comporta del resto contemporaneamente due sfumature. Talvolta uguali, i due campi s'intrecciano, concludono delle alleanze e creano dei fronti comuni contro il nemico. La stessa nozione di "cultura" è uscita da un quadro polemico, quello della "battaglia" tra i Moderni e i Romantici, frutto di un'alleanza tra forze scientifiche e forze morali, tra la scienza più matematica e l'arte più irrazionale. L'intero discorso, ivi compreso il discorso scientifico, obbedisce dunque alle leggi della lotta o della selezione. E' importante occuparsi più della questione della scienza e della questione della produzione del discorso scientifico per meglio comprendere i meccanismi di questa lotta.
Panagiotis Christias
La lutte, la sélection sociale, poursuit alors à partir de la modernité et jusqu'à nos jours, deux voies de prédilection: l'art et la science. La notion de "culture" comporte d'ailleurs les deux nuances à la fois. Parfois même, les deux champs s'entremêlent, concluent des alliances et créent des fronts communs contre l'ennemi. La notion même de "culture" est sortie d'un cadre polémique, celui de la "bataille" entre les Modernes et les Romantiques, fruit d'une alliance entre forces scientifiques et forces morales, entre la science la plus mathématique et l'art le plus irrationnel. Tout discours, y compris le discours scientifique, obéit donc aux lois de la lutte ou de la sélection. Il est important de nous pencher plus sur la question de la science et sur la question de la production du discours scientifique afin de mieux comprendre les mécanismes de cette lutte.
Orazio Maria Valastro - Angela Fichera - Linda Caserta
Il nostro contributo collettivo è un rapporto di attività che ci permette al tempo stesso di considerare il modello d'intervento che ha caratterizzato la nostra équipe interprofessionale, confrontata con la condizione sociale, personale e familiare, di alcuni soggetti diversamente abili. Assumono particolare rilevanza in questi contesti le dinamiche relazionali che danno forme significative e condivise alla vita quotidiana, stabilendo riferimenti e offrendo ragioni e motivazioni all'esperienza e all'azione comune. L'attenzione a quanto esse rappresentano, in termini di possibilità di trasformare la situazione di vita quotidiana in contesti di aiuto, di crescita e di intervento, diventa pertanto terreno privilegiato per sviluppare un intervento sociale che vede coinvolti i singoli operatori e l'intera équipe educativa insieme ai familiari.
Carlo Baratta
Scopo di questo contributo è analizzare le problematiche della formazione di identità nella società contemporanea, problematiche trasversali, che riguardano la costruzione del sé, le reti di relazioni che si determinano in una società complessa e i contesti anche virtuali che in essa si costruiscono. Identità caratterizzate da alta volatilità e perciò deboli, identità che non danno senso alla vita, perché dipendono da stili di vita temporanei, difficilmente sequenziabili. L'articolo propone una rilettura di Pareto e di Gehlen, testi di Risè e Prandstraller hanno permesso di definire meglio la dimensione qualitativa delle identità deboli. L'affievolirsi della figura paterna, nella società contemporanea, sia essa postindustriale, postmoderna, neomoderna è una ragione evidente della formazione di identità deboli.
Francesco Giacca
Questa prospettiva - che trae le sue origini dal pensiero di G.H. Mead e di A. Schutz - sottolinea la natura simbolica delle interazioni umane e concepisce la devianza come risultato di un processo interattivo tra il soggetto che compie azioni, le norme che di tali azioni definiscono il grado di liceità, la reazione sociale all'infrazione delle norme e le modificazioni dell'identità personale legate ai processi di etichettamento, stereotipizzazione ed esclusione. Nelle opere di Lemert, Becker, K.T. Erikson e poi Goffman e Matza - i cosiddetti Neochicagoans - l'analisi delle cause è sostituita dall'esame dall'analisi dei processi sociali ed istituzionali di controllo sociale e, in generale, della complessa interazione tra soggetto deviante, norme e reazione sociale. In questo contributo, esaminiamo le peculiarità e le unità metodologiche dominanti di questo approccio che, a nostro giudizio, rappresenta ancora un punto di riferimento importante sia nella attuale analisi qualitativa applicata al settore della devianza, sia in qualità di "strumento" utilizzato dagli operatori istituzionali nell'ambito dell'interazione/relazione educativa con il soggetto deviante.
Carla Fiorello
La mia avventura tra gli artisti di strada è nata e cresciuta mano a mano che mi sono avvicinata a loro. Il momento cruciale nel quale mi sono sentita più vicina a loro è stato durante una cena. Momento ovviamente intimo e di condivisione durante il quale mi hanno coinvolto nelle loro discussioni. Lì, girando per i tavoli, ho ascoltato le conversazioni degli artisti che socializzavano raccontandosi delle loro esperienze, soprattutto le tecniche di acquisizione dei metodi teatrali e circensi, della loro "carriera", rimarcando sempre il necessario e difficile rapporto con la 'gente'che critica il loro essere nomadi, il loro stile di vita che caratterizza un 'viaggio'.
Valeria Pecere
Nonostante le differenze evidenti tra i tre contesti presentati, in comune c'è chi raccoglie ed il suo metodo che, così come per le olive o per l'uva, è ogni volta diverso ed uguale. Consapevolmente, per definizione, il ricercatore stimola il ricordo, sollecita connessioni logico/temporali, richiede interpretazione, precisione e precisazioni, allestisce lucidamente il quadro delle informazioni e le seleziona per attinenza. Ma inevitabilmente rievoca anche, nell'interlocutore, sensazioni del passato, ne accoglie il vissuto partecipando empaticamente al racconto, lo rassicura rispetto a eventuali reazioni emotive, raccoglie informazioni utili ad adeguare politiche attive e, a volte, incoraggia la proiezione nel futuro.
Carlo Milani
L'identità rinvia quasi sempre alle proprie origini; immobilizza. È incapace di pensare il divenire che sorge dall'incontro. Si oppone in questo al processo del métissage, un pensiero che non è ancora stato veramente elaborato. Io vedo l'identità coma compattezza e completezza e mai come mancanza e perdita. La rassicurazione identitaria, la certezza, la violenza identitaria: ecco cosa bisogna mettere in crisi, più che in questione. Siamo alla ricerca di un nuovo paradigma che è attualmente in formazione e che io chiamo métissage. Il fatto di continuare a utilizzare stereotipi come identità, rappresentazione e molti altri, finisce per impedire l'esercizio del pensiero critico. (...) Il métissage è quel momento improbabile che rientra nel campo di una conoscenza vibratoria e non del sapere. Come dire? Il sapere - mi rifaccio a Maurice Blanchot - è il pensiero del giorno, il pensiero che illumina, il pensiero che analizza, che vede tutto chiarito dalla luce e se ne impossessa. Il pensiero identitario vi s'inscrive bene. Mentre al contrario la conoscenza vibratoria è la conoscenza del giorno e della notte alternati, la conoscenza della penombra. Il métissage si trova in questi momenti assai rari che sorgono prima che si rapprenda il cemento identitario. È talmente raro!.
Laura Tussi
La psicodinamica transculturale diviene strumento e contenuto per superare i confini, i limiti, i muri, le barriere tra le razze e le culture, considerando la peculiarità dello specifico identitario una chiave di interpretazione del disagio e della sofferenza a livello biopsicosociale e ubiquitario.
Carlo Milani
Questo breve saggio attacca l'identità e la rappresentazione in quanto nozioni epistemologicamente povere, falsamente realiste, politicamente reazionarie. La nostra epoca di "incertezza identitaria", di "perdita dell'identità" è, secondo Laplantine, il momento migliore per spazzare via questi due dinosauri concettuali, retaggio della metafisica platonica e medievale, e riscoprire la ricchezza del diverso, dell'incontro con l'altro. L'autore cerca di dimostrare l'inconsistenza e l'inutilità ai fini della ricerca nelle scienze sociali, e nell'antropologia in particolare, di identità e rappresentazione, proponendo di sostituirle con la nozione di métissage, meticciato.
Francesco Bachis
Consacreremo la prima parte di quest'articolo alle manifestazioni corporee dell'emozione. La psicologia sperimentale, insieme alla neuro-biologia, hanno evidenziato le differenti risposte corporee più o meno percettibili. Ma al di là di queste manifestazioni puramente oggettive le cui percentuali e oscillazioni possono essere valutate, misurate ... E' l'aspetto soggettivo e le loro ripercussioni che c'interessa. Quali significati possono avere le emozioni per la persona che le prova? Questi temi saranno l'oggetto della seconda parte. Ci situiamo in quanto ricercatori che interrogano altri soggetti, ma è evidente che non possiamo fare astrazione delle nostre passioni.