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  • Lo sguardo del sociologo abbraccia per com-prendere
    Studiosi italiani ricordano cent'anni dalla pubblicazione del Trattato di Sociologia Generale di Vilfredo Pareto
    Maria Caterina Federici (sous la direction de)

    M@gm@ vol.15 n.1 Janvier-Avril 2017





    CONSIDERAZIONI SUL METODO LOGICO-SPERIMENTALE DI VILFREDO PARETO

    Uliano Conti

    uliano.conti@unipg.it
    Ricercatore di Sociologia generale all’Università degli studi di Perugia.


    Vilfredo Pareto - Foto Chastellain & Gross (Losanna, 1895)

    1. Introduzione

     

    Il contributo considera il tema del metodo logico-sperimentale in Vilfredo Pareto, con riferimento particolare al Trattato di Sociologia Generale (1916). Gli studi che hanno considerato questo argomento hanno messo in evidenza la complessità della posizione metodologica di Pareto (1896-1897; 1906; 1916) evidenziando le caratteristiche della sua evoluzione (Belohradsky 1974; Busino 1968; Garzia 2006; Palumbo 1984; Ammassari 1995). Nelle letture e nelle interpretazioni del metodo logico-sperimentale si problematizza il tema generale del metodo nella scienza e lo si considera in rapporto al percorso scientifico di Pareto e alla temperie socioculturale europea della sua epoca. Nei primi decenni del Novecento è infatti in Europa forte l’impatto del Methodenstreit che era nato in ambito economico per poi estendersi alla filosofia e alle scienze storico-sociali (Dilthey 1883; Windelband 1894, 1912; Rickert 1899). Il Methodenstreit ruotava intorno ai temi della portata cognitiva delle leggi scientifiche e dello statuto disciplinare delle Geistwissenschften (Dilthey 1883).

     

    Le letture analitiche su Pareto hanno colto la complessità del suo pensiero sul metodo guardando sia agli aspetti che possono essere associati a una postura intellettuale oggettivista (Palumbo 1984; Marletti 2003), detta anche razionalista (Vaccarini 2013), sia sottolineando gli aspetti del metodo logico-sperimentale che possono essere accostati ad una tensione intellettuale maggiormente attenta al ruolo delle rappresentazioni sociali nella scienza (Belohradsky 1974; Ammassari 1995; Federici 1999). La posizione intellettuale di Pareto evolve nel corso del tempo delineando così un orizzonte di studi sociologici che raccolgono la sua lezione facendo emergere aspetti complessi che riguardano in modo rilevante il pensiero paretiano sul metodo, suggerendo riflessioni sul carattere della ricerca sociale contemporanea.

     

    2. Il metodo logico-sperimentale nel Trattato di Sociologia Generale

     

    Nel Trattato di Sociologia Generale (1916) si legge gran parte della prospettiva paretiana sul metodo. Nei Preliminari del Trattato Pareto espone le motivazioni dell’opera e propone alcune considerazioni sulle scelte di metodo. Dopo aver delimitato l’obiettivo generale e i mezzi per giungere a una conoscenza che possa essere detta scientifica, Pareto delinea il “campo di esperienza” che intende trattare (Perrin 1971: 12). Illustra il proprio progetto scientifico con riferimento al metodo adottato e “al valore della scienza” (Perrin 1971: 11). Talcott Parsons (1936), che guarda anche a Pareto nella propria elaborazione della prospettiva struttural-funzionalista, a riguardo scrive che il proposito iniziale paretiano è di proporre la scienza in termini critici e di considerare concretamente i dati a cui fare riferimento nelle indagini sociologiche (Parsons, 1936: 248; Perrin, 1971: 12).

     

    A riguardo Pareto scrive: «spinto dal desiderio di apportare un completamento indispensabile agli studi dell’economia politica e soprattutto ispirandomi all’esempio delle scienze naturali, io sono stato indotto a comporre il mio Trattato di Sociologia, il cui unico scopo – dico unico e insisto su questo punto – è di ricercare la verità sperimentale per mezzo dell’applicazione alle scienze sociali dei metodi che hanno fatto le loro prove in fisica, in chimica, in astronomia, in biologia e in altre scienze simili» (Pareto, 1917: 693).

     

    Tale passaggio ha indotto la lettura specificatamente oggettivista del metodo logico-sperimentale, in quanto Pareto (1917) afferma di ispirarsi all’“esempio delle scienze naturali” e di avere come scopo “ricercare la verità sperimentale” per mezzo dell’applicazione alle scienze sociali dei metodi della fisica, della chimica e delle altre scienze simili. I termini “scienze naturali” e “verità sperimentale” suggeriscono che la sociologia è una scienza e come in quanto tale deve sottomettersi ai risultati della ricerca e dell’analisi empirica: «per la Sociologia, vogliamo procurare di seguire la via battuta (…) da tutti i cultori delle moderne scienze naturali» (Pareto, 1916, I-69, nota 1: 37).

     

    Pareto (1916) sottolinea con forza di avvalersi dell’osservazione e dedica attenzione e spazio alla statistica (Federici 1999), anche se alcuni (Ammassari 1995: 69) considerano di portata non rilevante l’utilizzo della statistica con riferimento al metodo logico-sperimentale: «lasciamo stare i nomi e occupiamoci delle cose. (…) Occupiamoci di ricercare le relazioni tra i fatti sociali, e poi lasciamo che a tale studio si dia il nome di che si vuole, e che con qualsiasi metodo la conoscenza di queste relazioni si ottenga. A noi preme il fine, molto meno e anche niente i mezzi che ad esso adducono» (Pareto 1916, § 2).

     

    L’approccio scientifico al sociale è inteso come attività intellettuale che analizzando i rapporti tra i fenomeni coglie le uniformità che tali rapporti presentano. Trovare le regolarità nei rapporti tra i fenomeni sociali è l’obiettivo di Pareto (1916). In altre parole, le azioni umane presentano alcune uniformità e l’analisi delle uniformità nei rapporti tra fenomeni può contribuire a costituire leggi scientifiche. Pareto (1916) per raggiungere tale obiettivo cognitivo si avvale del metodo sperimentale e della logica: lo scienziato dopo aver stabilito le regolarità nei rapporti tra i fatti attraverso l’osservazione, formula leggi. Il metodo logico-sperimentale è esperienza, osservazione e logica (Pareto 1890-1923; 1916). La sperimentalità del metodo logico-sperimentale rimanda non a esperimenti come accade nelle scienze naturali, ma consiste nel ricorso all’osservazione. Quando Pareto parla di “sperimentale” e di “osservazione”, molto spesso scrive solo “sperimentale” ma egli stesso chiarisce di voler intendere anche “di osservazione” (Pareto 1916). Paolo Ammassari nella propria riflessione su Pareto metodologo (1995: 69) sottolinea che si possa quindi leggere “sperimentale” nel senso di esperienziale, legato all’osservazione empirica: una proposizione o una posizione intellettuale è scientifica solo se è verificata dall’esperienza.

     

    Il metodo logico-sperimentale consiste insieme di ragionamento e di esperienza, elementi che sono fonte e garanzia della conoscenza ritenuta oggettiva. L’esperienza fonda il ragionamento logico. In tale prospettiva epistemologica, da una parte il metodo muove da dati esperienziali, dall’altra le conclusioni ai cui lo scienziato giunge ragionando sono sottoposte a verifica sperimentale (Perrin 1971: 91). Sulla base di caratteri di uniformità dei rapporti tra i fatti osservati, ossia partendo dall’osservazione dei fatti e delle relazioni tra questi, Pareto ritiene si possa pervenire a conseguenze logiche e alla elaborazione di schemi interpretativi di carattere teoretico. Due sono i principali criteri a cui il procedere del metodo logico-sperimentale deve rispondere: verifica empirica, ossia il metodo “logico-sperimentale” consiste nel fare riferimento ai fatti intesi come materiale empirico, e validità dei collegamenti logici, ossia rigore logico con cui tali fatti vengono collegati tra loro. Guy Perrin (1971) in un testo analitico del metodo paretiano, nota criticamente ad esempio che Maurice Halbwachs critica Pareto perché gli imputa di aver confuso sperimentazione ed esemplificazione. L’abbondanza nel Trattato di riferimenti ad accadimenti storici pare avere più un carattere aneddotico che rappresentare una dimostrazione scientifica (Perrin 1971: 119). A riguardo, Raymond Aron afferma che Pareto ha «abusato del diritto di essere prolisso, come se il moltiplicare gli aneddoti potesse supplire l’insufficienza delle prove, come se potesse scambiare l’illustrazione con la verificazione» (Aron 1937: 489).

     

    Pareto nel 1920 intende il Trattato di Sociologia come uno studio di scienza sperimentale (Pareto 1920; Garzia 2006). Due anni prima scriveva: «per me, la logica è scienza sperimentale come tutte le altre scienze; ma per non principiare con una contesa, che è poi inutile per lo scopo che ho in vista, pongo distinte logica ed esperienza. Il termine logica non richiede spiegazioni; bensì ne occorrono per il termine esperienza. Esso indicherà esclusivamente descrizioni di fatti, e non si estenderà meramente si sedimenti che si volessero sostituire ai fatti» (Pareto 1918, ora in Busino 1980: 719).

     

    Per Pareto (1916; 1923) la ricerca della verità sperimentale si articola nella ricerca di leggi che muovono dai fatti: «muoviamo dai fatti per comporre teorie e procuriamo sempre di allontanarci dai fatti quanto meno è possibile. Non sappiamo cosa sia l’essenza delle cose e non ce ne curiamo, perché tale ricerca esce dal nostro campo. Ricerchiamo le uniformità che rappresentano i fatti, alle quali uniformità diamo altresì il nome di leggi, ma i fatti non sono sottomessi alle leggi, bensì le leggi ai fatti” (Pareto 1923: § 69). La teoria è “composta” partendo dai fatti, ed è ad essi subordinata: “Quella che oggi abbiamo per vera, domani dovrà essere messa da parte, se si scopra un’altra che un poco più si avvicini alla realtà» (Pareto 1906: 9).

     

    La scienza per Pareto (1916) ricerca leggi che descrivono le uniformità senza essere verità assolute, bensì sperimentali. Ad esempio, nel 1917 Pareto, sul cambiamento rivoluzionario in Russia, in una lettera a Maffeo Pantaleoni scrive che i fatti di Russia sembrano una conferma della uniformità (legge) che per la stabilità di un governo occorrano consenso e forza. La rivoluzione russa infatti pareva nella prima fase poter essere mantenuta con il solo consenso; mentre con il trascorrere del tempo, diventa necessario ricorrere alla forza e mettere in carcere i ribelli.

     

    Le leggi non presentano un carattere di necessarietà. Non sono i fatti che si adattano alle leggi, ma sono le leggi che si adattano ai fatti. La necessità scientifica delle leggi paretiane non è una necessarietà. Non c’è alcunché di necessario nelle leggi stesse, che non sono enunciati di verità assolute (Ammassari 1995: 71).

     

    Nel Trattato (1916) la verità delle proposizioni scientifiche è confinata dalla dimensione spaziale e temporale. È intesa come contestualmente limitata (Ammassari 1995: 71; Belohradsky 1974). La verità delle proposizioni scientifiche derivanti dall’esperienza, dall’osservazione e dalla logica è limitata contestualmente. Esiste una realtà osservabile a cui è legata una parzialità, spazio-temporalmente limitata, degli strumenti della scienza per stabilire le uniformità tra i fatti, ossia le leggi (Belohradsky 1974). La contingenza della scienza è un tema al quale Pareto dedica attenzione già nel Cours d’Économie politique (1896-1897). Pareto sostiene nel Cours d’Économie politique (1896-1897) che ogni teoria contraria ai fatti deve essere respinta e che ogni teoria che spiega fatti conosciuti può essere ammessa almeno in via provvisoria (Federici 1999: 201). La scienza è in divenire (Pareto 1906) e lo spettro della conoscenza umana è limitato dalla contingenza spazio – temporale: «così vuole la limitata mente umana, i fenomeni della natura debbonsi scindere nelle varie parti che li compongono e questa conviene separatamente studiare: la sintesi è indispensabile, ma ad essa deve precedere l’analisi» (Pareto 1877, ora in Busino 1980: 79). Si tratta di riconoscere i limiti e le possibilità cognitive umane e scientifiche: «le teorie scientifiche sono semplici ipotesi, che vivono sinché stanno d’accordo con in fatti, e che muoiono e scompaiono quando nuovi studi distruggono quest’accordo. Sono allora sostituite da altre alle quali è serbata simile sorte» (Pareto 1916: I-52).

     

    La contingenza della scienza origina dall’aderenza della teoria scientifica ai fatti: «ogni nostra ricerca è dunque contingente, relativa, e dà risultamenti che sono solo più o meno probabili, e al più al più probabilissimi» (Pareto 1916: I-69).

     

    3. Alcune considerazioni sulle opere che precedono il Trattato

     

    Molti studiosi (Garzia 2006; Belohradsky 1974; Ammassari 1995) hanno sottolineato l’evoluzione intellettuale dal Cours (1896-1897) e dal Manuale di economia politica (1906), inteso come prima approssimazione allo studio della sociologia, al Trattato di Sociologia Generale (1916). Tale evoluzione affonda le proprie radici nelle opere paretiane che precedono il Trattato (1916). In primo luogo gli studiosi notano che Pareto nel corso del tempo considerando le proprie opere delinei un quadro riflessivo critico di interpretazione e di lettura della propria posizione sul metodo (Belohradsky 1974; Ammassari 1995; Federici 1999). Pareto critica ad esempio il Cours d’Economie Politique (1896-1897), nel Proemio al Manuale (1906), perché considerata opera metafisica, a causa dei giudizi di valore in materia di politica economica che vi erano espressi. Nel Cours Pareto (1896-1897) afferma che la maggior parte delle azioni e dei ragionamenti che gli individui fanno non possono essere sottoposti a prova logico-sperimentale. Lo studio dei fenomeni sociali è finalizzato all’elaborazione di leggi «al pari di quelle che a noi già rivelò la fisica» (Pareto 1896-1897, ora in Busino 1968: 13). Intorno al 1907 affermava: «direttamente alla sociologia non si può sin ora applicare la matematica ma per analogia si estendono alla sociologia certi risultamenti della economia» (Pareto, 1907: 458-464).

     

    Nella stessa prospettiva critica, nel primo capitolo del Cours d’Economie Politique, Pareto scrive di voler adottare il punto di vista di coloro – come il fisiologo Claude Bernard – che hanno l’obiettivo di legare «il fatto concreto e l’idea astratta in modo indissolubile in quanto la scienza ricerca la verità» (Federici, 1999: 201; Donnat 1885). Nelle obiezioni critiche a Del materialismo storico (Labriola 1896),Pareto contesta, facendo riferimento al marxismo, le teorie che pretendono di spiegare ogni fenomeno individuando un unico fattore (Pareto, 1898: 149-153;1966).L’obiezione paretiana è di carattere metodologico: «siccome i fatti sociali sono tutti in rapporto di mutua dipendenza, dipendono tutti dal fattore economico e il fattore economico dipende da tutti» (Pareto, 1896-1897, ora in Palomba, 1971: 655). Tale posizione è rintracciabile anche in alcuni scritti precedenti, come in Della logica delle nuove scuole economiche (1877).

     

    La postura oggettivista è rintracciabile in alcune parti dei cosiddetti scritti minori: «niuno più di me ammira il potente ingegno del fondatore della filosofia positiva, e riconosce quanto a lui debba l’umano sapere; egli è dunque con animo trepidante che, non convinto delle ragioni da lui recate innanzi per accusare la scienza economica, mi accingo a dichiarvene il perché» (Pareto 1877, ed. 1966: 77). Nello studio dei fenomeni sociali, da un punto di vista scientifico, le teorie non devono essere rigettate a priori. Occorre confrontarle con i fatti (Federici 1999: 217). Pareto considera la scienza, in particolare nella citazione appena considerata quella economica, contingente (Belohradsky 1974), come si nota nel paragrafo successivo con riferimento al Trattato.

     

    La critica che Pareto rivolge ad alcune sue opere riflette allo stesso tempo sia la tensione verso una disposizione intellettuale oggettivista, come anche l’attenzione alle rappresentazioni sociali nella scienza che emerge già nel Manuale di economia politica (1906). Le idee, i valori, le aspettative degli studiosi, in una parola con il “contesto della scoperta” agiscono sulla scienza e sul pensiero logico-sperimentale. Pareto (1906) non trascura il loro ruolo che i significati e i valori sociali hanno nella scienza (Ammassari 1995) e si propone di studiare le derivazioni, le credenze, più che i comportamenti osservabili nei fatti, i significati che circondano l’agire umano (Federici 1999: 221).

     

    Nel Manuale (1906) Pareto delinea una riflessione, ripresa nel Trattato (1916), in merito alla distinzione tra invenzione e dimostrazione (Ammassari 1995). L’invenzione dell’ipotesi e la controllabilità delle proposizioni costituiscono contesti cognitivi distinti (Barbano 1955).

     

    4. I confini del metodo logico-sperimentale

     

    La rilevanza per Pareto della logica e dell’esperienza nell’elaborazione teoretica e nell’analisi scientifica dei fenomeni sociali non è da intendere in modo rigido. Pareto non ritiene che la conoscenza fondata sul metodo logico-sperimentale sia l’unica conoscenza possibile e che costituisca una verità assoluta. Si tratta di una verità approssimativa che nel Trattato è intesa come limitata nel tempo e nello spazio (Pareto 1916). La verità delle proposizioni elaborate con il metodo logico-sperimentale è una verità contestualmente limitata.

     

    Pareto si differenzia dalla coeva corrente positivista mainstream rappresentata principalmente da Auguste Comte (1830-1842; 1851-1854), che Pareto infatti considera un idealista. Si pone criticamente verso posizioni che considera umanitariste, metafisiche e positiviste (Vaccarini 2013): «badiamo bene che non vogliamo in alcun modo, come fa una certa metafisica materialistica, costituire la logica e l’esperienza in maggior potenza e dignità, dei dommi accettati dal sentimento» (Pareto 1916, I-46).

     

    Pareto, già nei primi del Novecento, ritiene che si stesse formando una «religione pseudo-scientifica (…) esclusiva e intollerante. Si divinizza la Scienza e si dogmatizza il suo nome, violando oltraggiosamente le migliori regole vigenti delle ricerche sperimentali e scientifiche» (Pareto 1917b, ora in Busino 1974: 359).

     

    La posizione paretiana non assume però i contorni netti di un’anti-metafisica (Ammassari 1995: 68, Belohradsky 1974). Non si tratta semplicemente di leggere Pareto (1916) intendendo in modo dicotomico ragione logicamente ed empiricamente intesa e credenza extra-razionale, termini scientifici (logico-sperimentali) e termini non scientifici (non logico-sperimentali). Le due dimensioni, razionalistica e antirazionalistica (Vaccarini 2013), logico-sperimentale e metafisica convivono e coesistono (Ammassari 1995).

     

    Pareto riconosce specificatamente per ciò che concerne la conoscenza scientifica la capacità delle facoltà razionali: attraverso il metodo logico-sperimentale si può raggiungere una forma di conoscenza propria dell’agire scientifico (Federici 1999: 218). I ragionamenti logico-sperimentali sono quelli che portano a risultati in accordo con i fatti. Nel caso in cui i risultati non siano in accordo con i fatti, non si tratta di ragionamenti logico-sperimentali, ma di ragionamenti detti derivazioni (Pareto 1916; Garzia 2006). La tensione intellettuale verso le rappresentazioni sociali nella scienza emerge dall’analisi delle della rilevanza delle teorie non logico-sperimentali, fondamentale per lo sviluppo delle teorie logico-sperimentali, non solo in ambito economico. Se da una parte, per Pareto (1916) la maggior parte delle teorie non obbedisce ai criteri del metodo logico-sperimentale, dall’altra le teorie non logico-sperimentali hanno un ruolo nella scienza, nel momento dell’invenzione (Federici 199: 213): «lo scetticismo dà la teoria, la fede spinge all’operare e di opere è costituita la vita pratica. I fini ideali possono essere a un tempo assurdi e utilissimi per la società. Prego dunque il lettore di avere presente che ove affermo assurdità di una dottrina, non intendo niente affatto affermare implicitamente che è nociva alla società; anzi, può essere utilissima. Viceversa, ove affermo che una teoria è utile alla società, non intendo per nulla affermare in modo implicito che è vera sperimentalmente» (Pareto 1916: 69-73). Le teorie non logico-sperimentali hanno un ruolo rilevante nella lettura di Ammassari, nel contesto intellettuale dell’invenzione (Barbano 1955; Ammassari 1995: 71). Pareto (1906) sembra intendere questi due termini in modo analogo ad Hans Reichenbach che distingue il contesto della scoperta dal contesto della giustificazione (Reichenbach 1938). Non propone quindi i termini invenzione e dimostrazione nel modo in cui la cultura a lui coeva li intendeva per la matematica, la geometria e la fisica (Ammassari 1995: 72).

     

    Per Pareto (1916) come le azioni logiche e la razionalità prevalgono nella scienza, le azioni non logiche prevalgono nella vita sociale, e infatti egli si dedica – escludendo i paragrafi del Trattato nei quali Pareto (1916) illustra la propria posizione sul metodo –  all’analisi e allo studio di ciò che c’è di autentico in quello che gli esseri umani dicono, le derivazioni, e in quello in cui gli esseri umani credono (Belohradsky 1974, Ammassari 1995). Da una parte la scienza si sostanzia nell’impossibilità delle teorie non logiche di superare i controlli del metodo logico-sperimentale. Dall’altra le teorie non logiche hanno un posto nella scienza e nel pensiero logico-sperimentale (Ammassari 1995).

     

    Gli esseri umani tendono a non riconoscere la base non razionale delle proprie azioni, i residui, e la mascherano con spiegazioni – le derivazioni – di copertura pseudo-razionale alle proprie azioni. Il Trattato (1916) si delinea come indagine sulle passioni e sui sentimenti umani, sui residui intesi come gli elementi costanti dei fenomeni sociali e delle loro rappresentazioni culturali, e sulle derivazioni intese come sistemi di spiegazioni che gli esseri umani danno dei residui e dei rapporti tra di essi. La teoria dei residui e delle derivazioni è stata anche intesa come una teoria delle ideologie, di come nascono e si sviluppano nel corso del tempo (Ammassari 1995; Bobbio 1973).

     

    A riguardo, un esempio illustrativo può essere rintracciato con riferimento al diritto naturale. In I sistemi socialisti (1917) Pareto considera la nozione di diritto naturale «completamente fuori del campo dell’esperienza». Essa deve il proprio successo all’immediatezza dell’idea di natura, correlata alla nozione di diritto naturale, che sembra «soddisfare il bisogno che ha l’uomo, di dare una vernice logica a convinzioni non logiche» (Pareto, 1917, ora in Busino 1974: 525-526). Pareto esprime una considerazione analoga nel Trattato. Mostra di aver approfondito la questione del giusnaturalismo e ribadisce che esso deve essere inserito tra le teorie che trascendono l’esperienza. Il diritto naturale sarebbe “semplicemente quello che pare ottimo a chi usa tal vocabolo” e rappresenterebbe una di quelle “dimostrazioni” che non debbono essere accolte solo “perché d’accordo con certi sentimenti” largamente diffusi e neppure respinte “perché in patente disaccordo colla logica e coll’esperienza”, ma che si dovrebbero decisamente considerare “come non esistenti” (Pareto 1916, ed. 1988, § 401-445).

     

    5. Metodo: prescrittivo e adattativo

     

    Le letture e i commenti sul metodo logico-sperimentale mettono permettono di apprezzare il contributo metodologico paretiano alla ricerca sociale contemporanea. Tale contributo è stato letto anche in una luce critica (Perrin 1971). Le letture oggettiviste del metodo logico-sperimentale sottolineano che l’obiettivo di Pareto (1916) è in primo luogo individuare le regolarità nei rapporti tra i fenomeni sociali e la formulazione di leggi. La ricerca della verità sperimentale grazie all’applicazione alle scienze sociali dei metodi delle scienze naturali non assume i contorni di un dogmatismo. Le leggi non presentano un carattere assoluto. La verità scientifica è limitata contestualmente da una dimensione spaziale e temporale (Belohradsky 1974, Ammassari 1995: 70). La contingenza della scienza è un elemento che caratterizza in maniera rilevante il carattere del metodo logico-sprimentale di Pareto, allontanandolo da una postura intellettuale rigidamente positivistica. Un altro che connota il metodo paretiano è l’attenzione al ruolo nella scienza delle idee, dei valori, delle convinzioni personali. La tensione all’analisi delle rappresentazioni sociali emerge in termini critici in tutta l’opera di Pareto. Mentre critica (1906) alcune sue opere come il Cours d’Economie Politique (1896-1897), perché considerate metafisiche, si differenzia dalla coeva corrente positivista mainstream considerata pseudo-scientifica. Se da una parte riconosce che una scienza si fonda su azioni logiche e razionalità, dall’altra è consapevole che la maggior parte delle teorie non obbedisce ai criteri del metodo logico-sperimentale.

     

    Le considerazioni sul metodo paretiano inducono ad alcune riflessioni. Metodo è un termine che Pareto (1917) per l’ambito sociologico utilizza al singolare. Da un punto di vista disciplinare la riflessione fondativa paretiana invita a pensare all’ambito metodologico sottolineando la rilevanza non meramente formale degli aspetti terminologici. In ambito anglosassone è assai diffuso il termine methods con il quale si intende fare riferimento prevalentemente a ciò che il linguaggio sociologico italiano chiama strumenti di ricerca. Allo stesso tempo anche in Italia si utilizza il termine metodi al plurale (Cipolla, De Lillo 1996). L’uso del plurale suggerisce che la pratica concreta di ricerca sociale si declini in modi molteplici. Non perché esistano svariati metodi scientifici – la prospettiva metodologica di Pareto invita a riflettere su questo aspetto – ma perché ogni fenomeno sociale, ogni oggetto di ricerca hanno peculiarità alle quali il metodo in qualche modo si deve adattare. Da una parte, il carattere prescrittivo del metodo consiste nell’insieme dei criteri procedurali, sui quali Pareto pone grande attenzione, che devono guidare le ricerche sociali. Il termine devono è però, come emerge dall’attenzione paretiana al ruolo degli elementi extrarazionali nella scienza, da intendere in modo critico: il metodo scientifico più che consistere in una serie di regole imposte ab extra “precedenti e indipendenti rispetto all’indagine stessa”, è una forma “logica cui ricondurre il processo continuo che costituisce l’indagine” (Campelli 1991: 36).

     

    Il metodo scientifico «non consiste in una normatività estrinseca né discende con necessità non storica da principi a priori, ma è, nel suo farsi, la logica dell’indagine» (Campelli 1991: 36-37, corsivi nel testo). Dall’altra parte, tali considerazioni inducono a considerare un altro carattere del metodo nella ricerca sociale: il carattere adattativo. La riflessione paretiana sulla contingenza della verità scientifica apre a una visione secondo la quale il metodo sociologico inevitabilmente si plasma su ogni singola ricerca condotta, in base a elementi contingenti. Prende la forma contestuale delle risorse economiche, umane, temporali disponibili. Si plasma sulla ricerca ma non si parcellizza in una moltitudine disciplinare. Esiste il metodo inteso forma logico-procedurale normativa ed esiste il metodo inteso in concreto come procedura propria di ogni singola ricerca empirica. Queste due dimensioni (prescrittiva e adattativa) convivono. Nella sua dimensione prescrittiva il metodo, inducendo ad aderire a criteri esogeni, procedurali, definiti, trasmessi tra studiosi, cancella le convenzioni personali radicate, i pregiudizi, i preconcetti. Nella sua dimensione adattativa il metodo induce negli studiosi uno sforzo creativo e generativo, per fare in modo che le procedure di ricerca si formino nel rispetto – una sorta di resa wollfiana (Wollf 1972) – del fenomeno sociale di ricerca.

     

    Riferimenti Bibliografici

     

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