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  • Sociologie des espaces et des liens sociaux
    Orazio Maria Valastro (sous la direction de)

    M@gm@ vol.12 n.2 Mai-Août 2014

    FUORI DALLA SFERA PUBBLICA E FUORI DALLA SFERA PRIVATA: IL NUOVO SOGGETTO SOCIALE ATTRAVERSO I BENI COMUNI


    Alessia Bellarosa

    alessiabellarosa@gmail.com
    Sociologa, Dottorato di ricerca in Scienze del testo, Università degli Studi di Siena.

    A partire da alcuni anni è comparso nella quotidianità di tutti in maniera diffusa e ampia il concetto di bene comune. Si tratta di un concetto che fino a pochi anni fa era considerato un intellettualismo ma che nel giro di pochissimo tempo si è diffuso in modo capillare riuscendo a catalizzare aspirazioni e rivendicazioni in ambienti e contesti vari e diversificati.

    I beni comuni

    In molti paesi i beni comuni si sono imposti al centro del dibattito politico. Per i liberisti si tratta di capitale prezioso da accumulare, mentre per i movimenti di resistenza al neoliberismo sono risorse da difendere perché appartengono a tutti, anche alle generazioni future. Anche in Italia si è sviluppato un discorso intorno ai beni comuni, sono nati movimenti, si stanno sperimentando pratiche e si stanno costruendo ragionamenti e percorsi.

    Ma cos’è un bene comune? Stefano Rodotà [1] parlando di beni comuni spiega che: «Sono le caratteristiche di ciascun bene, non una sua "natura", a dover essere prese in considerazione, la loro attitudine a soddisfare bisogni collettivi e a rendere possibile l’attuazione di diritti fondamentali. I beni comuni sono "a titolarità diffusa", appartengono a tutti e a nessuno, nel senso che tutti devono poter accedere ad essi e nessuno può vantare pretese esclusive. Devono essere amministrati muovendo dal principio di solidarietà. Incorporano la dimensione del futuro, e quindi devono essere governati anche nell’interesse delle generazioni che verranno. In questo senso sono davvero «patrimonio dell’umanità».

    È evidente che dalla definizione dei beni comuni e dal conseguente tipo di gestione degli stessi dipende il modello di società in cui vivere. Si tratta di stabilire se è accettabile oppure no un accesso esclusivo a risorse naturali, alla conoscenza e ai saperi e più in generale ai diritti fondamentali. La questione non riguarda più le caratteristiche economiche di un bene ma la sua funzione nella società e questa nuova valenza per alcuni beni virtuali e materiali del mondo è data dalla nascita di nuove pratiche sociali e collettive proprio intorno a questi stessi beni. Ciò che rende un bene comune sono quindi i rapporti di produzione e le relazioni sociali che assumono tale bene ad una finalità altra. È il comune ovvero l’intreccio delle relazioni sociali e produttive che lo caratterizzano a rendere un bene comune.

    Ci troviamo dinanzi a crescenti trasformazioni dei processi comunicativi e sociali che ridisegnano di continuo gli scenari e i loro attori. Dunque stiamo assistendo ad una trasformazione sociale con la nascita di soggetti collettivi che pongono con forza l’accento sui valori comuni, sui diritti civili e sull’importanza dell’interazione sociale. Assistiamo a due strategie di fondo: quella storica definibile come strategia della proprietà ancorata alla valorizzazione del sistema economico ed una nuova strategia definibile come strategia dei diritti fondamentali in cui viene valorizzato il rapporto tra i vari soggetti attori, le interazioni e la possibilità di accesso a determinati beni.

    Logica proprietaria/Logica del comune

    Fino ad oggi la logica della proprietà è stata uno dei criteri fondamentali dell’organizzazione sociale. L’istituto della proprietà si estende nei millenni della storia dell’uomo investendo sempre più il modo in cui la persona si relaziona alla società e agli altri [2]. Nel corso dei secoli saranno le varie articolazioni istituzionali della proprietà a determinare la vita degli uomini, come ad esempio il modello sociale europeo successivo alla seconda guerra mondiale del Welfare State che prevedeva una proprietà relativizzata, basata su un compromesso socialdemocratico. Oppure le rivolte conservatrici della Thatcher e di Reagan che portarono nuovamente la proprietà al centro del sistema sociale. Oggi la logica proprietaria è utilizzata come misura di tutti i rapporti economici, sociali e giuridici.

    La questione che ci interessa è che la dimensione proprietaria del mercato e dell’economia sono considerate leggi naturali a cui si rifanno tutte le relazioni sociali. In un sistema moderno i beni possono essere pubblici, cioè appartenenti a organizzazioni pubbliche come lo Stato, oppure privati, appartenenti a individui o persone giuridiche private, non possono essere a lungo comuni (Mattei, 2011). Il diritto e l’economia fondano le loro teorie nella naturalità e imprescindibilità della distribuzione iniqua delle risorse, la privatizzazione dei beni comuni, a scopo di crescita e sviluppo economico, a scapito della natura e degli esseri umani è considerata un dato naturale irreversibile e desiderabile.

    Dunque nel corso della storia l’accesso ai beni si è sempre basato su una mediazione proprietaria, pubblica o privata che sia.

    Le rivoluzioni tecnologiche dell’informatica e delle scienze e la crescente consapevolezza dell’esistenza di diritti fondamentali e imprescindibili dell’uomo hanno portato a considerare in maniera nuova il rapporto tra proprietà e società, riducendo il potere proprietario alla sola dimensione privata ma in uno schema che prevede comunque il rapporto proprietà privata/proprietà pubblica come unico possibile a regolare la vita e le relazioni sociali.

    Recentemente stiamo assistendo ad una riscoperta dei beni comuni, che ha dato vita alla nascita di nuovi soggetti e attori che mettono in pratica azioni innovative totalmente in contrasto con la logica della proprietà privata. Ma cosa sta avvenendo?

    Il Percorso Generativo del Senso e le Trasformazioni

    Secondo la semiotica e la socio semiotica le società e le culture producono non segni, elementi isolati, ma veri e propri testi, articolati e complessi, reti di materiali eterogenei portatori di significati. Lo sguardo semiotico ci dice che non abbiamo più solo contenuti ma contenuti in relazione a forme, sistemi di contenuto in relazione con sistemi di espressione. In un sistema sociale la semiotica andrà a individuare il rapporto che si crea tra la forma del contenuto e la forma dell’espressione, è in questa doppia articolazione, piano del contenuto e piano dell’espressione, caratteristica dei sistemi semiotici, che si trova quel surplus di senso nascosto nella realtà sociale.

    Attraverso un’analisi socio semiotica è possibile non solo indagare quello che empiricamente accade tra i soggetti dell’interazione ma, studiando anche le forme oltre che il contenuto, descrivere una serie di formalismi efficaci (Landowski, 1989), forme, linguaggi, discorsi e pratiche significanti in grado di modificare la competenza reciproca dei soggetti che stanno interagendo o che hanno interagito. Per quanto riguarda i beni comuni, indagando le pratiche significanti messe in atto dai soggetti e dai movimenti per i diritti civili, sono immediatamente visibili le trasformazioni e i cambiamenti che stanno avvenendo nella società.

    La semiotica e l’antropologia strutturale sostituiscono all’idea del linguaggio e della cultura come comunicazione, l’idea del linguaggio e della cultura come produzione di senso, ovvero come significazione, le pratiche sociali messe in atto dai movimenti per i beni comuni a livello semiotico  non sono semplici azioni o comunicazioni ma produzioni di senso, significazioni, nel loro rapporto tra forma e contenuto.

    Il modello semio-antropologico vede la cultura soprattutto come orchestrazione di processi vitali, come autorganizzazione di sistemi di significazione. Per questo la semiotica strutturale può recuperare un livello di indagine in cui non siano semplicemente presi in considerazione per i loro fini comunicativi comportamenti, immagini, segni codificati, ma diventino piuttosto rilevanti i meccanismi di partecipazione, contagio, sospensione, attesa, ritualità messi in atto regolarmente dai soggetti che ruotano intorno ai beni comuni. È evidente che questi fenomeni, significativi ed efficaci a vario titolo senza comportare necessariamente una circolazione di sapere o un’intenzione comunicativa, sono estremamente importanti nelle società contemporanee. Quindi le pratiche sociali messe in atto dai movimenti per i beni comuni assumono significato e producono senso perché nascono da interazioni. L’apporto utile della socio semiotica è che riesce a rendere conto dei sistemi (culturali, valoriali) della società, ma anche e soprattutto delle loro trasformazioni.

    Socio semioticamente parlando i beni comuni sono il discorso e il testo costruiti dagli attori per la trasformazione delle condizioni di interazione, di socialità. L’oggetto empirico della socio-semiotica si definisce in questo senso come l’insieme dei discorsi e dei testi che intervengono nella costituzione e nella trasformazione delle condizioni di interazione tra i soggetti, individuali e collettivi (Landowski, 1986).

    Seguendo il Percorso Generativo del Senso di Greimas [3] l’analisi al livello superficiale delle azioni, dei termini e del linguaggio utilizzati dagli attori di questo fenomeno sociale porta all’individuazione di un soggetto collettivo. Un soggetto che parla al plurale, attraverso azioni e linguaggi collettivi e condivisi. Questo soggetto civile investe di nuovo valore i beni comuni e i diritti fondamentali, spostando la questione dal classico rapporto proprietà privata/proprietà pubblica verso una nuova logica che si basa sulla contrapposizione proprietà/diritti fondamentali con una conseguente trasformazione e la nascita di una nuova identità sociale con nuove competenze.

    Mattei nel descrivere i beni comuni parla in questi termini: «Restituire dignità politica e culturale ai beni comuni significa fondare il discorso politico e giuridico su un’altra realtà, quella di un mondo e di una natura che non possono appartenere a qualcun soltanto, ma che devono essere condivisi e accessibili a tutti. Significa riconoscersi in un’altra narrativa, secondo la quale prima vengono gli interessi di tutti, concepiti come un ecosistema di relazioni di reciproca dipendenza, e solo successivamente gli interessi individuali» (Mattei 2011, 49).

    Questi nuovi soggetti utilizzano un nuovo linguaggio, diverso da quello utilizzato finora dai soggetti pubblici e privati. Il modello dominante occidentale, fondato su un’idea darwinista del mondo che fa della competizione e della concorrenza l’essenza del reale, porta avanti una retorica della crescita, dello sviluppo e della crisi (Mattei, 2011), quello che i movimenti per i beni comuni stanno cercando di fare è proprio di sostituire il modello dominante con un nuovo modello sociale attraverso un cambio di linguaggio, di comunicazione e di pratiche sociali.

    I beni comuni rappresentano un superamento della logica secondo cui l’accesso agli stessi deve essere per forza regolato da un rapporto di proprietà, pubblico o privato, sperimentando azioni e pratiche di democrazia partecipata che mettono in crisi questo modello sociale di rapporti di potere basato su una logica proprietaria. È ormai visibile un diffondersi di interessi di natura collettiva che non si basano più sulla questione tradizionale dell’attribuzione soggettiva e dei criteri di gestione dei beni, ma che mettono in dubbio proprio le tecniche proprietarie, l’istituto della proprietà, per risolvere i nuovi problemi di distribuzione e uso delle risorse. Occorre rivedere la tradizionale dicotomia pubblico/privato proprio perché è stato posto con forza l’accento sui valori collettivi (Rodotà 2013).

    La valorizzazione

    Secondo la teoria semiotica un oggetto acquisisce senso se inserito nei suoi contesti d’uso e di relativa valorizzazione (Landowski e Marrone, 2002). Nella grammatica greimasiana il termine preciso è infatti oggetto di valore, ciò che conta non è l’oggetto in sé ma i valori che il soggetto attribuisce a quell’oggetto.

    In questo tipo di analisi risultano cruciali i concetti di valore e di valorizzazione. Qualsiasi interazione fra soggetti e fra soggetti e mondo sorge perché vi è alla base un investimento di valore. Il nuovo rapporto di contrarietà logica proprietaria/beni comuni viene quindi investito di valore e, sul quadrato semiotico (al livello più profondo del percorso generativo che abbiamo individuato precedentemente) risulta rappresentato così:


    Il voler imbrigliare i beni comuni all’interno dell’istituto della proprietà privata fa venir fuori il forte contrasto tra le due realtà. Mentre la proprietà privata non è in contrasto con la proprietà pubblica, si tratta di un rapporto di inclusione, di forze centrifughe, dal pubblico al privato, la logica proprietaria è assolutamente in opposizione ai beni comuni e ai diritti fondamentali, è un rapporto di distinzione per opposizione come due distinte e contrastanti entità, viene difficile pensare alle regole della proprietà parlando di beni comuni e partecipazione. La nascita dei beni comuni mette in crisi la classica categorizzazione proprietà pubblica/proprietà privata.

    Dunque il tipo di società che può venirne fuori dipende dalla valorizzazione che i soggetti intendono investire sui propri oggetti di valore. Leggendo il quadrato semiotico si possono ottenere due immagini antitetiche dell’interazione sociale: da una parte abbiamo soggetti esclusivamente interessati ad ottenere e raggiungere l’oggetto di valore in questione, che utilizzano una logica proprietaria per un uso esclusivo di beni funzionali della vita; dall’altra abbiamo soggetti più interessati alle pratiche sociali, ai rapporti tra individui, alla creazione di una società inclusiva, democratica e partecipata. Nel caso dei movimenti civili per i beni comuni il ragionamento collettivo costruisce il superamento tra pubblico e privato e afferma il comune, investendo di valore i beni comuni e i diritti fondamentali.

    Analizzando questi testi, queste situazioni sociali, cosa capiamo? Che i beni comuni non sono semplici oggetti ma attraverso il fare sociale diventano veri propri attori del sociale e nel nuovo linguaggio, nei nuovi processi di significazione, il paradigma privato/pubblico non ha più senso di esistere.

    Conclusioni

    È nata una terza dimensione: la dimensione collettiva, che impone di riesaminare i criteri di distribuzione e gestione delle risorse. Il problema non può più essere considerato quello della distribuzione della proprietà tra soggetti diversi, pubblici, privati, cooperativi…, ma bisogna passare ad una logica diversa da quella proprietaria, una logica non proprietaria (Rodotà, 2013).

    Cos’è avvenuto in questi anni (da un punto di vista semiotico)? Un cambio di significato, si è passati dagli spazi e i beni pubblici agli spazi e i beni comuni. Quali sono i processi di significazione che si sono sviluppati? I beni comuni vengono descritti attraverso un sistema semisimbolico in modo da stabilire una continuità e un rapporto stretto tra oggetto e soggetti utilizzatori. Nei discorsi enunciati dai movimenti e dai soggetti per i beni comuni, nella società auspicata l’oggetto combacerà con l’uomo, l’uomo combacerà con l’oggetto, lasciando presagire una utopica congiunzione narrativa. Il soggetto non desidererà più l’oggetto perché questo sarà un tutt’uno con lui. Allo stesso modo l’oggetto non avrà più bisogno di un soggetto che gli dia un qualche valore poiché riuscirà a ricongiungersi una volta per tutte con il suo soggetto.

    Come è ben visibile sul quadrato semiotico precedentemente descritto, la valorizzazione insita nei beni comuni sembra emergere con grande chiarezza: è una valorizzazione utopica che si fonda su una precedente valorizzazione estetica, sono le esperienze pratiche e sociali quindi estetiche (nel senso etimologico del termine, cioè per il piacere che provocano) a produrre valori estetici e utopici.

    I beni comuni anche essendo oggetti giocano ruoli narrativi da soggetti, come abbiamo visto vengono ad essi delegati funzioni pratiche e significati sociali generalmente incarnati da attori umani. I beni comuni sono quindi esseri sociali, anche se oggetti, e acquisiscono nuovo significato dall’incontro tra attori umani e attori non umani.

    Bruno Latour (1998) insiste sull’idea che gli attori presenti nella nostra società sono composti ibridi, sintesi parziali e momentanee di soggettività umane e soggettività non umane, persone e cose che agiscono nel sociale costituendolo e trasformandolo.

    Si tratta di una nuova forma di soggettività, costituita da un soggetto collettivo + i beni comuni, che utilizza linguaggi, pratiche e sistemi di valori che si riversano sulla società, trasformandola e influenzandola. Questo nuovo soggetto è definito per le azioni che compie, per la serie di associazioni in cui è coinvolto e soprattutto per il suo rapporto con il suo oggetto di valore, i beni comuni. I quali, a loro volta, si trasformano da oggetti inerti in attori che agiscono e interpretano ruoli non inscritti nella loro originaria natura.

    Attraverso l’analisi semiotica l’esame delle strutture interne all’oggetto entra in relazione con quello delle sue relazioni esterne con il soggetto per una ricostruzione della dimensione simbolica dell’oggetto stesso (Landowski e Marrone, 2002).

    I beni comuni risultano quindi essere un meta-soggetto, fanno da cornice e luogo per la realizzazione e l’interpretazione delle azioni collettive, in cui ogni soggetto è collegato agli atri. La meta-comunicazione di questi soggetti si sviluppa nelle assemblee, nelle discussioni e nelle azioni di confronto tra i vari partecipanti. Si tratta di prendere in considerazione un effetto di appartenenza e insieme di definire l’identità di un gruppo sociale vasto, non in termini di ciò che questo è ma nei termini delle sue modalità discorsive, delle sue gestualità e delle sue azioni.

    Questo nuovo soggetto sociale, costituito dalla collettività + i beni comuni, mentre agisce come un modo per “parlare della” società, di fatto, ne sta costituendo la realtà vissuta. Si potrebbe parlare di una dimensione meta-collettiva, una semiotizzazione dello spazio, dei luoghi, delle azioni sociali e soprattutto dei beni definiti comuni. Dal metalinguistico di Jakobson siamo passati ad una meta-semioticità diffusa, che attraverso i suoi modi multiformi svolge un ruolo centrale nelle nostre società.

    Bibliografia

    P. Fabbri, G. Marrone, Semiotica in nuce. Volume I. I fondamenti e l'epistemologia strutturale, Meltemi, 2000.
    E. Landowski, La società riflessa, Meltemi, 1999.
    E. Landowski, G. Marrone, La società degli oggetti. Problemi di interoggettività, Meltemi, 2002.
    Alberto Lucarelli, Beni comuni. Dalla teoria all'azione politica, Dissensi, 2011.
    U. Mattei, Beni Comuni. Un manifesto, Laterza, 2011.
    M. P. Pozzato, Semiotica del testo, Carocci, 2001.
    S. Rodotà, Il terribile diritto. Studi sulla proprietà privata e i beni comuni, Il Mulino, 2013.
    S. Settis, Azione popolare. Cittadini per il bene comune, Einaudi, 2012.
    B. A. Uspenskij, L’Europa come metafora e come metonimia (in riferimento alla storia della Russia) in Oltre la Città, a cura di Giovanna Zaganelli, Lupetti, 2008.

    Note

    [1] Stefano Rodotà, Il terribile diritto. Studi sulla proprietà privata e i beni comuni, Bologna, 2013.

    [2] Per una lettura approfondita sulla storia dell’istituto della proprietà cfr. Rodotà, Il terribile diritto, Bologna 2013, H. Arendt Vita activa, Milano, 1991.

    [3] Greimas, Courtés, Dizionario, 1979.

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    M@gm@ ISSN 1721-9809
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