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  • Un regard systémique sur l'interculturalité
    Cecilia Edelstein (sous la direction de)

    M@gm@ vol.11 n.3 Septembre-Décembre 2013

    STAR BENE DONNA, STAR BENE MAMMA: IL COUNSELING A SOSTEGNO DELLA MATERNITÀ PRESSO L’OSPEDALE MACEDONIO MELLONI DI MILANO


    Roberta Riolo

    roberta.riolo@yahoo.it
    Diploma di counseling presso il CTA di Milano, consegue la specializzazione in “Counseling in ambito Interculturale” presso la scuola Shinui di Bergamo, e un Master per Formatori presso il CTA Centro di Terapia dell’Adolescenza di Milano.

    Monica Teruzzi

    counseling@centrocta.it
    Laurea in Filosofia con indirizzo Psicologico, diploma di counseling presso il CTA di Milano e Supervisore, consegue il Master per Formatori presso il CTA Centro di Terapia dell’Adolescenza, presso cui è coordinatrice del Corso Triennale di Counseling Sistemico dell’Età Evolutiva e formatrice nel counseling.

    IL PROGETTO: aspetti di base

    In questo lavoro si presenterà il progetto attivato dalle due autrici, entrambe counselor di formazione sistemica; una di loro è specializzata in Intercultura presso la scuola sistemico pluralista Shinui di Bergamo. Il lavoro congiunto ha consentito di apprendere e approfondire le tematiche relative all’ambito interculturale, calate in un contesto di servizio pubblico territoriale.

    Il progetto si è potuto attivare attraverso un finanziamento che ha coperto l’annualità maggio 2011- maggio 2012. Il lavoro riferisce l’esito di un anno di attività svolta all’interno dell’Ospedale Macedonio Melloni di Milano che si occupa di maternità. Il progetto realizzato ha voluto mettere a disposizione il counseling e le sue tecniche alle donne in attesa di un figlio. Le mamme che hanno partecipato al progetto sono sia italiane sia straniere, perché, all’interno dell’ospedale, il numero di donne provenienti da altre culture che accedono ai servizi è significativo.

    Il progetto è stato realizzato attraverso il CTA, Centro di Terapia dell’Adolescenza, che ha sede a Milano e a Legnano, e si occupa di genitorialità, affido e adozione.

    L’intervento è stato indirizzato sia a donne italiane sia appartenenti ad altre culture, con attenzione particolare a queste ultime, data la particolarità della loro situazione. Ogni donna, a qualunque cultura appartenga, quando affronta il momento della maternità si trova in una situazione particolare del proprio ciclo di vita, in un momento di cambiamento complesso e, in alcuni casi, difficile. Inoltre, la donna che appartiene a una cultura diversa rispetto a quella del paese in cui si trova può vivere maggiori criticità, non solo perché non parla la stessa lingua, ma anche perché associa a ciò che sta vivendo un significato diverso rispetto a quello della realtà con la quale si misura e che la circonda. Ciò si verifica soprattutto all’interno del contesto ospedaliero, dove queste discrepanze possono creare incomprensioni. Quindi la maternità può essere una bellissima possibilità di espansione, di crescita, di sviluppo per una donna, ma anche un momento di chiusura, di implosione e di blocco (Vadilonga, 2008).

    Nella fase preparatoria del lavoro sono stati stimati alcuni possibili fattori di rischio relativi, in generale, alle donne in stato di maternità (Attili, 2004; Rangone, 2012):

    • la modalità di funzionamento personale: chi siamo noi, qual è la nostra storia e come funzioniamo, quali sono gli eventi traumatici che ci hanno caratterizzato, come ad esempio i lutti, gli abbandoni o le perdite importanti;
    • l’inadeguatezza delle cure ricevute quando eravamo bambini, che può dare origine a sofferenze e problematiche nel momento in cui ci si trova a vivere la propria maternità;
    • una relazione di coppia molto fragile o addirittura inesistente;
    • la giovane età;
    • le difficoltà di tipo socio-economico;
    • le condizioni personali specifiche come la tossicodipendenza, i problemi di salute mentale, l’alcolismo.

    Tale lavoro preparatorio è stato confermato in buona misura durante il progetto. Infatti, molte delle donne incontrate all’ospedale e allo sportello si trovavano o si erano trovate a contatto con alcuni di questi fattori di rischio. In particolare, quelli più frequentemente rilevati sono stati : relazione di coppia assente, difficoltà economica, eventi traumatici (lutti e abbandoni), depressione, fragilità psico-emotiva.

    I riferimenti teorici alla base del progetto sono rappresentati dalla teoria sistemica e dalla teoria dell’attaccamento (Attili, 2007; Crittenden, 2003; 2008). Da quest’ultima deriva il concetto di figura di attaccamento intesa come base sicura, un punto di riferimento stabile, in grado di dare conforto e protezione. Operativamente, l’intervento dei counselor si è pertanto orientato a rappresentare tale tipo di riferimento per le donne a cui si è rivolto il progetto.

    A livello di contenuti si è voluta primariamente trasmettere l’idea che la maternità comporta un percorso di crescita e trasformazione, che si costruisce con le esperienze e le indicazioni di chi ci accompagna.

    L’attivazione del supporto di counseling nel contesto ospedaliero

    Uno dei problemi fondamentali affrontati durante l’attività è risultata la necessità di coniugare gli aspetti metodologici dell’intervento di counseling, quale il concetto di base sicura, all’interno di un contesto ospedaliero e a fronte della complessità del lavoro sul tema della maternità.

    L’introduzione di un supporto di counseling all’interno dell’ospedale è stata resa possibile grazie alla rete di organizzazioni che hanno contribuito al progetto. Il lavoro, infatti, è stato svolto con la collaborazione delle seguenti strutture: Banchi di Solidarietà, un’associazione di volontariato di Milano; la cooperativa Lule, che offre servizi di mediazione culturale; Madre Segreta della provincia di Milano; l’Ospedale Macedonio Melloni e un’associazione culturale per bambini; Il Trillino Selvaggio.

    Il progetto è stato attivato partendo da un’analisi dei bisogni e sulla base di colloqui preliminari con gli operatori dell’ospedale. Un primo aspetto di criticità che è stato segnalato è legato all’elevato ricorso delle donne straniere all’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG). Si vuole, a questo proposito, puntualizzare che l’impostazione del progetto relativamente a questo aspetto non intendeva basarsi su posizioni ideologiche a favore o contro l’aborto. Tuttavia, durante l’anno di attivazione, lo sportello di ascolto ha dovuto affrontare solo una volta il tema IVG, in presenza di una donna indecisa se portare avanti o meno la gravidanza.

    Una seconda criticità che è stata evidenziata dall’ospedale è la necessità di contenere il fenomeno dell’abbandono alla nascita. Su questo tema, il progetto si è anche avvalso della collaborazione del centro Madre Segreta, che si occupa di aiutare e accompagnare le donne che decidono di abbandonare il bambino alla nascita.

    Un terzo elemento di analisi rilevato dall’ospedale riguarda la prevenzione per i giovani, sia rispetto all’anticipazione della fase del primo rapporto sessuale, sia per ciò che riguarda l’aspetto dell’interruzione di gravidanza in una fascia d’età molto bassa, tra i 15 e i 20 anni. Relativamente a tali problematiche è stato deciso di porsi, fra gli obiettivi dell’intervento, la promozione di un corretto uso dei contraccettivi, con particolare attenzione alla sensibilizzazione su questa tematica nelle donne straniere, e di favorire, in generale, interventi a sostegno delle donne, per una maternità sana e consapevole.

    A partire da questi obiettivi iniziali, il progetto si è orientato a sviluppare azioni concrete. L’intervento di counseling si è quindi occupato di offrire agli operatori e all’ospedale stesso degli interventi che affiancassero quelli rivolti, nello specifico, alle donne.

    Efficacia degli interventi di counseling

    Durante i primi mesi di gravidanza che, come già detto, costituiscono un momento particolare per la donna, si è evidenziato che gli incontri allo sportello potevano svolgere un ruolo altamente significativo: aiutare la donna a ritrovarsi nel ruolo di mamma, a sentirsi tranquilla in quello che stava facendo e quindi a provare a vivere tale momento con serenità, equilibrio e coraggio. Tali ritorni positivi si sono riscontrati in modo evidente in alcune storie familiari incontrate, caratterizzate da un forte smarrimento della donna, dovuto a grosse preoccupazioni e incertezze per il proprio futuro e quello del proprio bambino. Sono questi elementi destabilizzanti e fortemente caratterizzati culturalmente che, se affrontati in ottica etnocentrica, avrebbero portato a trasferire sulla donna sensazioni di inadeguatezza e incapacità della propria modalità di accudimento, con conseguenze su un percorso di crescita sereno del bambino.

    L’attività ha mostrato che, per un intervento efficace, l’operatore deve essere prima di tutto attento all’altro, capace di cogliere i bisogni di chi incontra e di esplorare i suoi riferimenti. Ciò è particolarmente vero quando chi si incontra appartiene a un’altra cultura, ma è valido in generale, poiché l’utente deve essere riconosciuto come una persona altra dall’operatore. E’ necessario, trattando contesti delicati come maternità e sessualità, capire come l’interlocutore intenda le parole che sta usando, ciò che sta facendo e perché le sta vivendo in quel modo. Il professionista deve essere capace di comunicare in modo sintonico, familiarizzando con l’esperienza emotiva della persona che ha davanti, sia dal punto di vista verbale sia da quello non verbale, e deve essere in grado di valorizzare le risorse dell’altro. Per l’applicazione di tali linee guida a interlocutori stranieri, il counselor deve inoltre essere qualificato, ossia avere competenze specifiche anche in ambito interculturale, legate all’accompagnamento della maternità.

    Azioni integrative nel progetto

    A integrazione del counseling, il progetto ha previsto una serie di attività di sostegno, come lo sviluppo di azioni a favore della natalità e del benessere delle donne, che le aiutasse a diventare maggiormente autonome. Particolare attenzione è stata rivolta alle donne straniere con difficoltà economiche.

    E’ stato attivato un laboratorio di sartoria che, centrato su concretezza e praticità, ha provato a offrire alle donne la possibilità di imparare un lavoro per potersi rendere autonome, per esempio nel cucirsi gli abiti da sole o addirittura nel dare inizio a una piccola attività imprenditoriale.

    E' stato inoltre compiuto un lavoro sulla rete, quindi di relazione con gli operatori del territorio, per capire dove orientare le donne al fine di ottenere degli aiuti.

    E' stata inserita e utilizzata, all’interno della struttura ospedaliera, la figura del mediatore culturale. Tale figura si è rivelata di aiuto, poiché gli operatori dell’ospedale, oltre che sperimentare le difficoltà di comprensione di una lingua straniera, si trovavano anche a vivere l’incapacità di capire i riti delle culture altre, legati alla maternità. Ciò li portava a un conflitto tra quello che loro proponevano di fare sulla base di protocolli medici consolidati, ad esempio ecografie, esami del sangue, ecc. e ciò che la donna straniera accettava di fare, e a interrogarsi sul comportamento da tenere.

    Sono stati sviluppati due interventi di formazione. Una formazione in ottica preventiva è stata rivolta ai ragazzi delle scuole e realizzata attraverso laboratori, nei quali si è parlato di relazione, di sessualità e di prevenzione alla diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili. La consapevolezza riguardo alla propria sessualità e al proprio corpo rappresenta un fattore di protezione transculturale che contribuisce, se opportunamente rinforzato, allo sviluppo di una personalità matura e coesa, anche a sostegno di una maternità responsabile (Vadilonga & Rangone, 2007). Una seconda azione, invece, è stata rivolta agli operatori dell’ospedale e al personale di altri enti coinvolti nel progetto. La formazione, in questo secondo intervento, si è focalizzata sulla maternità, sia italiana che straniera, in particolare sui diversi approcci alla maternità e al parto.

    Per uno sguardo d’insieme e maggiori dettagli operativi, le azioni del progetto “Star bene donna, star bene mamma” sono elencate di seguito:

    • lo spazio di counseling nel quale sono stati raccolti i bisogni delle donne. Attraverso l’apertura di questo sportello, operativo due mattine a settimana all’interno dell’ospedale, sono stati forniti alle donne, e in alcuni casi consegnati nelle loro case da parte di volontari; alimenti, pannolini, latte in polvere
    • il corso di sartoria;
    • le azioni di formazione rivolte ai ragazzi e agli operatori.

    Riflessioni conclusive

    Vale la pena riportare alcuni aspetti significativi e le criticità emerse dall’implementazione del progetto.

    Un primo aspetto è da riferirsi al contesto ospedaliero, in cui è stato instaurato un vero dialogo interculturale, grazie alla collaborazione con ginecologi, ostetriche, operatrici di accoglienza, ognuno munito di un proprio linguaggio e appartenente a un proprio peculiare mondo. In questo contesto, si è cercato di tradurre e organizzare, tra tutte queste diverse figure, delle azioni che potessero sostenere la donna, il cui benessere costituiva per noi il riferimento fondamentale. In realtà questo è stato ed è tutt’oggi un processo difficile, che merita sicuramente un potenziamento all’interno dell’ospedale per fornire un’attenzione particolare di aiuto e di sostegno agli operatori.

    A livello umano e sociale, esiste una grossa difficoltà legata all’idea che non ci sia il tempo per chiedere alla donna «Come stai?» e ascoltarla veramente. È invece importante partire da ciò che lei può dire, affinché la si possa aiutare meglio (Edelstein, 2000); spesso si tende a fare il contrario, ossia a porre domande precise le cui risposte consentono di catalogare la donna entro un certo contesto e quindi di definire modalità di azione e di cura.

    Un altro aspetto emerso è il forte pregiudizio sul quale si opera. Per esempio, abbiamo constatato la diffusa convinzione che le donne che venivano in ospedale fossero senza permesso di soggiorno e con problemi economici; ciò le catalogava necessariamente in questa fascia, senza permettere loro di essere considerate diversamente. Di conseguenza, si partiva dal presupposto che ci fosse un certo tipo di bisogno di base, che comportava un conseguente tipo di risposta. Abbiamo invece rilevato che le donne migranti venute allo sportello erano persone regolari, con lavoro, alcune con difficoltà economiche, ma non tutte. Le problematiche riportate risiedevano non solo nelle situazioni di criticità relative al particolare status legato al fenomeno migratorio, ma anche e soprattutto nelle situazioni personali legate alla propria storia, alla famiglia e a quello che poteva sembrare in apparenza un aspetto di difficoltà puramente pratico ed economico. Tale aspetto ha confermato alcune delle impostazioni seguite nella fase di preparazione degli interventi di counseling.

    Un ultimo elemento riguarda la centralità delle problematiche relative alla relazione delle donne straniere con i propri compagni. La relazione di coppia nei processi migratori sembra rappresentare per molte donne un aspetto critico. Dopo essere arrivate in Italia con un compagno e aver avuto un primo figlio o addirittura arrivando già con un figlio, spesso le donne vengono abbandonate dal marito o dal compagno. Questo si lega in parte anche a quello che precedentemente ha raccontato Cecilia Edelstein sulle differenze esistenti tra processo migratorio al maschile e al femminile (Edelstein, 2002; 2003).

    Per gli sviluppi futuri è quindi evidente che anche l'uomo ha bisogno di supporto per capire cosa accada in lui, quali siano i motivi che lo spingono ad abbandonare la sua famiglia, la sua donna e un figlio che sta per nascere; è quindi necessario chiedersi quali possano essere gli stimoli e le idee per un sostegno che possa contenere tutto l’ambito della famiglia e del sistema, oltre che la donna. Questo è un aspetto al quale le autrici intendono dedicare la loro attenzione, con l’intento di integrare quanto prima tale aspetto in un progetto futuro che comprenda entrambi i generi all'interno di una visione sistemica e circolare.

    Bibliografia

    Attili G. 2004, Attaccamento e amore, Il Mulino, Bologna.
    Attili G. 2007, Attaccamento e costruzione evoluzionistica della mente. Normalità, patologia, terapia, Raffaello Cortina, Milano.
    Crittenden P. M. & Claussen A. H. (a cura di) 2003, The organization of attachment relationships, maturation, culture and context, Cambridge University Press, NY.
    Crittenden P. M. 2008, Il modello dinamico-maturativo dell’attaccamento, Raffaello Cortina, Milano.
    Edelstein, C. 2000, Di Isabel e di altri demoni, in N. Losi, Vite altrove: migrazioni e disagio psichico, Feltrinelli, Milano.
    Edelstein C. 2002, Aspetti psicologici della migrazione al femminile  Albatros in volo, in «Psicologia e Psicologi. Cultura e nuove professionalità», Vol 2, (2), pp. 227-243.
    Edelstein C. 2003, Aspetti psicologici della migrazione al maschile e differenze di gender, «M@gm@ - Rivista Elettronica di Scienze Umane e Sociali», Vol 1, (2), (www.analisiqualitativa.com).
    Rangone G. 2012, La relazione di aiuto in ospedale, intervento di formazione per operatori presso Ospedale Macedonio Melloni, Milano.
    Vadilonga F. & Rangone G. 2007, Il Counseling sistemico in età evolutiva, «Connessioni», (19).
    Vadilonga F. 2008, Il sostegno alla genitorialità alla luce della teoria dell’Attaccamento, atti del Convegno “Legami per crescere”, Regione Piemonte, Torino.

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    M@gm@ ISSN 1721-9809
    Indexed in DOAJ since 2002

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