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    Barbara Poggio - Orazio Maria Valastro (sous la direction de)

    M@gm@ vol.10 n.1 Janvier-Avril 2012

    NARRAZIONI E IDENTITÀ


    Federico Batini

    direzione@pratika.net
    Dipartimento di Scienze Umane e della Formazione, Università d Perugia.

    Giovanna Rech

    giovanna.rech@soc.unitn.it
    Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, Unviersità di Trento.

    “Non siamo più quelli che eravamo e dobbiamo moltiplicare le nostre identità. Spesso però si ignora che c'è un altro aspetto della molteplicità che riguarda il presente: nella definizione di noi coesistono diverse parti e l'esperienza dell'incertezza nasce proprio dal fatto che non solo non ci possiamo identificare stabilmente nel tempo, ma nell'istante dato non siamo in grado di identificarci totalmente con una sola di queste parti, e in ogni caso dobbiamo scegliere.[...] Si assiste a processi di rinaturalizzazione e risacralizzazione dell'identità, insieme all'emergere di forti disuguaglianze nelle capacità di individuazione. Identità stabili e chiuse, fondamentalismi religiosi o tenici, tendenze alla massificazione, sono l'altra faccia dei processi appena descritti. […] l'identità si configura sempre più come un campo piuttosto che come una realtà essenziale, come un sistema di coordinate o di vettori di significato, con possibilità e limiti che possiamo riconoscere e che contribuiamo a definire.” (Melucci, 1991, pp.107-108)

    Nelle scienze umane e sociali i concetti, le teorie e i metodi vivono alterne fortune, anche oltre alle questioni epistemologiche e i dati empirici che le sostengono e che contrappongono i vari orientamenti della ricerca e della conoscenza (delle considerazioni di sintesi si trovano in Sparti, 2002).

    Il tema dell’identità non sfugge a questa regola. Negli ultimi decenni la riflessione attorno all'identità ha conosciuto un forte sviluppo ed ha consentito lo snodarsi di un animato dibattito che, uscito dall'ambito specialistico della ricerca e dai congressi scientifici, ha coinvolto in modo prepotente media, politica e persino gli scambi quotidiani dei non addetti ai lavori.

    Probabilmente prima di costituire una questione importante per gli studiosi e quindi prima di interrogarla come categoria educativa, filosofica, psicologica, sociologica ed anche storica è sempre stato un aspetto fondamentale delle interazioni umane. A prescindere dalle speculazioni: la mia identità è il “chi sono” per chi mi sta di fronte e intorno a me, è il “chi sono” secondo me, e questi due aspetti stanno in profonda relazione e si influenzano reciprocamente. L’identità degli altri è un orizzonte e un limite per il mio modo di relazionarmi con loro e per costruire la mia percezione della mia identità personale e di quelle degli altri: questi scambi e queste costruzioni avvengono attraverso narrazioni esplicite e implicite.

    Con i contributi scelti da chi scrive, per rappresentare la sessione dedicata alla narrazione e all’identità, non ci si propone di fornire risposte ai tanti interrogativi che i soggetti, la società e la ricerca pongono a questo interessante binomio, ma si coltiva l’ambizione di generare nel lettore ulteriori domande per esplorare le identità ed il contributo delle narrazioni alla conoscenza, alla formazione, allo sviluppo ed al racconto delle stesse, sotto diversi punti di vista e al di là di frontiere disciplinari che si rivelano sempre più anguste per temi comprensivi come quello che qui affrontiamo.

    Quali i punti di intersezione tra identità e narrazioni? Innanzitutto poniamo un arbitrario punto di partenza: l’identità non può che narrarsi e nello stesso narrarsi si dispiega (numerosi infatti coloro che situano l'identità proprio nel racconto fatto a se stessi su se stessi) e quindi mette in moto un processo riflessivo sia a monte che a valle della produzione di un discorso. La costruzione di un discorso di narrazione di un'identità (o i frame narrativi identitari rintracciabili in un discorso non deputato a quel racconto) si relaziona con le emozioni e le cognizioni di chi racconta e di chi ascolta o legge una storia (Batini, Del Sarto, 2005). Nel processo di produzione di un discorso l’identità che ne risulta è filtrata, interpretata attraverso il dover essere, il poter essere ed il voler essere, attraverso il contesto e l'interlocutore (reale o potenziale). In un certo senso, quando si mette in moto una reciprocità fra narrazione e identità, si costruisce un racconto che gioca con le categorie del tempo presente, futuro e passato, sfidando allo stesso tempo la realtà, la rappresentazione e la spiegazione non solo di sé, ma soprattutto del mondo dell'esperienza attraverso i significati che a questa si attribuiscono.

    L’identità è dunque un concetto complesso e mutevole, che per essere colto ha bisogno di rifrangersi attraverso la lente di diverse discipline e di svariati punti di vista, anche prendendo coscientemente il rischio di allargare eccessivamente il campo e non giungere a risposte permanenti (in coerenza con l'oggetto della riflessione). Il solo modo di descriverla per comprenderla è di fare i conti con la complessità: oggi più di ieri all'identità non si può pensare attraverso categorie fisse e socialmente determinate (Batini, Zaccaria, a cura di, 2000) che le “grandi narrazioni” consentivano (Lyotard, 1981). “Per la prima volta nella storia ciascuno è chiamato a costruire nel corso della propria vita comportamenti, significati, identità. Nessuno lo fa da solo, certo, ma la regia passa in mano ad ogni generazione per se medesima: quella precedente, con fatica, si sta abituando a comprendere come non incidano più sul mondo i comportamenti ed i significati che si è costruita, ciascuno degli appartenenti ad essa sta ridefinendo la propria identità.” (Batini, 2011, p.2)

    Ognuno di noi è soprattutto il risultato della propria storia e dei frame narrativi di significato che da quella storia seleziona: siamo “disposti” lungo un percorso cronologico, impossibilitati ed incapaci di prescindere dal tempo. Noi costruiamo continuamente micronarrazioni mentali di noi stessi, degli altri, dei contesti in cui viviamo, delle dinamiche relazionali, e su di loro basiamo le nostre strategie relazionali/sociali che si dispongono, appunto, nel tempo (Batini, 2011), attraverso di esse stratifichiamo progressivamente un'identità (mutevole). La stratificazione progressiva di narrazioni e rappresentazioni che ci costruiamo, di noi stessi e degli altri, chiede senza dubbio un supporto alla memoria. La memoria si nutre di narrazioni: quelle che facciamo a noi stessi (prima, durante e dopo l’azione), quelle che facciamo su di noi agli altri e nelle normali interazioni (narrative anch’esse), quelle che gli altri ci rimandano, quelle che ascoltiamo e costruiamo dagli/sugli altri. Le narrazioni, così, come è stato ampiamente dimostrato, strutturano l’identità culturale, sociale e, di riflesso, quella personale, creando poi le basi per la costruzione di un’identità professionale (e forse queste distinzioni hanno oggi poco senso). Se l’identità sotto il profilo psicosociale viene declinata nell’io, me e sé, è soprattutto il sentimento d’identità che si esprime in un insieme di interpretazioni, stati e di processi a consentire di raccontarla (Berry, 1987). I referenti dell’identità sono molteplici e tutti mostrano che l’oggettività dell’identità non può darsi perché deve essere letta attraverso l’esperienza della soggettività che si esplicita proprio attraverso una narrazione (costruita sulla base di molteplici narrazioni a loro volta fruite sulla base dei frame di significato disponibili).

    Attraverso un’analisi che si avvale di approcci diversi si può approssimare meglio non tanto l’essenza dell’identità quanto i diversi modi in cui essa si esprime sia nella narrazione che nella costruzione di un discorso. Come altre nozioni cruciali per gli esseri umani anche l’identità è nella realtà sia vissuta nella sua effettività – quindi nel quotidiano – sia costruita e ricostruita attraverso delle relazioni interpersonali e sociali (per il tramite delle interpretazioni).

    Prendendo in considerazione le varie discipline che utilizzano questa nozione, è singolare e significativo che si possa risalire fino alla logica: ciò svela che l’identità in questa prospettiva, ma anche in discorso più ampio, rappresenta uno strumento indispensabile della conoscenza e risponde ad una questione epistemologica di cruciale importanza. L’identità sta alla base del sapere e del conoscere come alla base della riflessività . Una narrazione consente di spingersi molto oltre ciò che nella logica classica si esprime con la formula di “A è A” (principio di identità che implica anche il principio di non contraddizione): proprio perché la narrazione ricerca il senso sia di un agire individuale che di un agire sociale cerca sì le relazioni logiche, ma anche quelle sociali (Simmel, 1998, cap. X).

    In questo modo ci troviamo all’incrocio o ancora meglio alla dicotomia uno – molti e individuo – gruppo. L’identità di uno è sfaccettata, mutevole e complessa e l’identità di molti non è semplicemente una sommatoria delle singole identità che la compongono, ma diventa qualcos’altro (come nelle premesse epistemologiche di Durkheim, 2005). Come si forma un’identità collettiva? Il dato fondamentale è costituito dall’interazione e dalla cooperazione, vale a dire dalla consapevolezza che la narrazione è fatta per essere sia uno degli strumenti importanti della comunicazione sia uno dei modi attraverso i quali un sistema sociale è in grado di riprodursi. Metodologicamente mettere in relazione io - noi nella spiegazione dei fenomeni sociali è uno sforzo non da poco che mobilizza molteplici categorie delle scienze cognitive (Boudon et al., 1997), mentre sotto il profilo epistemologico significa mettere in pratica la comprensione weberiana. Nei fatti sociali, ma anche nelle rappresentazioni, nei valori e nelle norme si possono rintracciare le narrazioni di identità che sono sia reali che fittizie, possibili o soltanto probabili. Un’identità dopo, al di là o prima di come realmente si manifesta è un’identità che chiede di essere immaginata. Nelle nostre ipotesi sta proprio qui il rapporto fra narrazione e identità: qualunque racconto sull’identità riferito sia ad una persona che ad un gruppo è un processo creativo che si muove da dati sia oggettivi che soggettivi nel tentativo di dare un ordine al mondo (Berger & Luckmann, 1969; Bruner, 1992; 1997) ma quest'atto produce, a sua volta, modifiche nelle identità che si raccontano e nelle identità che ascoltano, in un circolo di significazione privo di un punto terminale (Remotti, 1996).

    Tra gli studiosi dei temi identitari, provenienti da numerosi campi disciplinari, si è fatta strada ormai l'idea che non sia più possibile parlare oggi di identità come qualcosa che a seguito di uno stadio di maturazione sia poi dotata di una certa fissità. Senza addentrarci in tutte le analisi, qui non sintetizzabili, che riflettono su questi temi, possiamo usare una metafora: è un po' come se la velocità esterna ai soggetti non consentisse ai meccanismi interni una progressiva crescita e fissazione. L'identità ha conquistato (o si è rassegnata, secondo le prospettive di analisi) la propria modularità: l'incremento delle modificazioni personali, la reversibilità delle scelte, l'autonomizzazione rispetto alla normatività sociale. I processi di autodefinizione diventano, dunque, prevalenti rispetto alle adesioni integrali alle grande narrazioni (Lyotard, 1981) ed allora si evidenzia una forte necessità di competenze che guidino questi processi, che mantengano il controllo da parte del soggetto stesso mentre si costruisce nella società del cambiamento, della velocità, della globalizzazione e della disgregazione delle certezze fondamentali. Queste competenze hanno molto a che fare con le narrazioni.

    In questa sezione presentiamo due contributi, scelti tra i molti pervenuti in una prima fase e poi tra quelli accettati e presentati al convegno, sopravvissuti, dunque, ad una duplice selezione. Vi incontriamo le presentazioni (simboliche) di sé nelle narrazioni di conversione religiosa e la presentazione di sé nei discorsi politici, due ricerche che aiutano a comprendere come le porzioni di storie culturali e “tipologiche”, quelle che Lakoff (Lakoff, 2009) chiama “frame narrativi” di riferimento, costituiscano uno strumento di significazione e comprensione importanti.

    Tra le piste di ricerca che il rapporto tra identità e narrazione suggerisce pare infatti particolarmente promettente quella che interseca la dimensione auspicabile della metaconoscenza dei processi di costruzione, attraverso le storie, della storia di ciascuno di noi e di nuove declinazioni di questo “noi”. Le rappresentazioni narrative costituiscono segni, indizi, piste per esplorare questa possibilità e rintracciarne le modalità. Le ricerche nelle scienze umane si riappropriano, allora, dello scopo di modificazione e miglioramento delle esistenze individuali e collettive, in uno stretto rapporto situato tra autorialità e negoziazione con la cultura e con gli altri circa la propria vita.

    Bibliografia

    Alin C. & Gohier C, (2000), Enseignant./Formateur: la construction de l’Identité professionnelle - Recherche et Formation, Paris, L'Harmattan.
    Batini F., Zaccaria R. (a cura di, 2000), Per un orientamento narrativo, Milano, FrancoAngeli (disponibile gratuitamente on line dal 2010 sul sito www.pratika.net)
    Batini F., Del Sarto G. (2005), Narrazioni di narrazioni, Trento, Erickson.
    Batini F. Giusti S. (a cura di, 2010), Imparare dalle narrazioni, Milano, Unicopli.
    Batini F., Giusti S. (a cura di, 2011), Costruire il futuro con le storie, Lecce-Brescia, Pensa Multimedia.
    Batini F. (2011), Storie, futuro e controllo, Napoli, Liguori.
    Berger P., Luckmann T (1969, ed. or. 1966), La realtà come costruzione sociale, Bologna, Il Mulino.
    Berry N. (1987), Le sentiment d’identité, Paris, Editions universitaires.
    Boudon R., Bouvier A., Chazel F. (a cura di, 1997), Cognitions et sciences sociales, Paris PUF.
    Bruner J. (1992), La ricerca del significato, trad. it., Torino, Bollati Boringhieri.
    Bruner J. (1997), La cultura dell’educazione, trad. it., Milano, Feltrinelli.
    Durkheim É. (2005, ed. or. 1912), Le forme elementari della vita religiosa, Roma, Meltemi.
    Jedwlosky P. (2000), Storie comuni, Milano, Bruno Mondadori.
    Jervis G. (1997), La conquista dell’identità, Milano, Feltrinelli.
    Lakoff G. (2009), Pensiero politico e scienza della mente, Milano, Bruno Mondadori.
    Lyotard J. F. (1981, ed. or. 1979), La condizione postmoderna, Milano, Feltrinelli.
    Melucci A. (1982), L’invenzione del presente. Movimenti, identità, bisogni individuali, Bologna, Il Mulino.
    Melucci A. (1991), Il gioco dell’io. Il cambiamento di sé in una società globale, Milano, Feltrinelli.
    Remotti F. (1996), Contro l’identità, Roma-Bari, Laterza.
    Simmel G. (1998, ed. or. 1908), Sociologia, Milano, Edizioni di Comunità.
    Sparti D. (2002), Epistemologia delle scienze sociali, Bologna, Il Mulino.



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    M@gm@ ISSN 1721-9809
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