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  • Scritture relazionali autopoietiche
    Orazio Maria Valastro (a cura di)

    M@gm@ vol.5 n.4 Ottobre-Dicembre 2007

    LA POESIA COME PRATICA DI RI-COSTRUZIONE DI SENSO

    Marina Moretti

    marinmoret@tiscali.it
    Insegnante di liceo a Trieste; come archeologa ha compiuto numerosi scavi in Italia ed all’estero ed ha lavorato presso importanti musei europei in campo proto-storico; poetessa e critico letterario; collabora con numerose riviste culturali ed è attiva anche nel campo del volontariato sociale e dei fenomeni migratori; la sua ultima pubblicazione poetica “La vita al margine” ediz. Ibiskos Risolo ha vinto il primo premio del concorso “scritture di frontiera” ed ha avuto la prefazione di Predrag Matvejevic; è autrice insieme a Elvira Dolores Maison dell’antologia poetica “Io è un altro/Yo es otro” edita da L’Harmattan Italia nell’ottobre 2006 che raccoglie i versi dei poeti dell’area Istro-Quarnerina, Friuli Venezia Giulia e dell’area Rioplatense; i suoi versi sono tradotti in inglese, tedesco, spagnolo, serbocroato e sloveno.

    Augusto Debernardi

    augudebe@gmail.com
    Laureato in Sociologia all'Università degli studi di Trento. Dal 1971: è stato componente dell’équipe del Prof. Franco Basaglia all’Ospedale Psichiatrico Provinciale di Trieste; diplomato all’INSERM di Pargi in epidemiologia Psichiatrica; coordinatore dell’équipe sociopsicologica dell’Alloggio Popolare Gaspare Gozzi di Trieste; componente dell’équipe O.M.S. per la psichiatria; collaboratore Unità Operativa dell’istituto di Psicologia del CNR per la prevenzione malattie mentali ed autore di parecchie pubblicazioni; editor del Centro Studi per la salute Mentale, Collaborating Center W.H.O.; fondatore dell’U.O. per l’epidemiolgia psichiatrica ed autore di numerose ricerche e valutazioni; specializzato in statistica sanitaria e programmazione sanitaria; esperto nel settore della cooperazione nel campo della salute mentale nella Repubblica di Argentina e del Cile; Coordinatore Sevizi Sociale presso l’ASS Isontina; direttore servizi minori Comune di Trieste; Collaboratore dell’Associazione Oltre le Frontiere per le questioni dell’immigrazione; collaboratore della CARITAS della diocesi di Gorizia per la questione del manicomio di Nis (Serbia); Direttore di Area Provincia di Trieste; Presidente dell’ITIS (Istituto Triestino per Interventi Sociali); componete dello staff del direttore generale ASS Triestina; Presidente Co.Ri. (Consorzio per la riabilitazione); animatore dell’associazionismo in temi culturali e dell’integrazione europea. Fino al 1971: collabora con l'ARIP di Parigi (Association pour l’intervention psycho-sociologique); è assistente all’Istituto di Psicologia Sociale e di Psicologia del Lavoro dell’Università degli Studi di Torino; componente in qualità di sociologo al Segretariato per la Psichiatria della Provincia di Cuneo; consulente del Centro di Orientamento Scolastico e Professionale di Cuneo dove tra l’altro ha lavorato alla taratura degli strumenti testistici; consulente per la P.O.A. per l'Istituto Psico Medico Pedagogico di Latte di Ventimiglia.

    Il volo della farfalla di Schroots: un report dall’età libera [1]

    Presentare in autunno, anzi nel primo autunno, un progetto dal titolo Elderly Poetry/Aetas Poetica e sapere dopo oltre nove mesi che ha sfondato le forche caudine degli impianti burocratici nonché di quelli dell’apparato politico, ti lascia quasi di “stucco”. Quasi quasi te ne eri dimenticato, oppure eri già entrato nel disincanto, forse nella depressione quaternaria che ti faceva recitare, troppo costoso, non compreso. Poi un giorno leggi il quotidiano locale che dice cha la Regione ha dato un contributo alla tua associazione ma non scrive il perché.

    All’improvviso, con una rivoluzione stressante, passi, dopo essere stato negli uffici regionali, alla fretta che ti mettono perché ti fanno passare per un percorso quasi inverso in cui la spada di Damocle del “rendiconto” - che ha tempi avulsi, alieni ed alienati dalla tua realtà, quella concreta fatta di lavoro, di relazioni, di incontri, di spiegazioni, di approfondimenti, di domande e di risposte, di tempi altrui - ti assilla e ti fa sentire la sua lama affilatissima che ti segna lentamente ma inesorabilmente l’epidermide. Già pensi come farai ad anticipare i soldi che servono subito, perché il rendiconto - ed il rimborso conseguente - verrà dopo, alla fine, dopo i controlli!

    Già, a pensarci, dopo aver ricordato le paranoie e parafrenie istituzionali, si tratta di tempi. Infatti, il nostro progetto trasferisce la poesia nell’ambiente, nell’habitat degli anziani/e, anche in quelli tipici delle case di riposo, della case polifunzionali, delle strutture protette, delle momentanee, si fa per dire, R.S.A., e non solo dei domicili. Già un universo intero fatto di territorio, domicili ed ambienti di ricovero: mica una roba da poco. Là o lì il tempo segue ritmi, cadenze, estensioni diverse da quelle che comunemente la “società civile delle istituzioni” immagina ed impone ed adotta.

    Pensare poesia, scrivere poesia, raccogliere poesia in maniera libera, forse movimentista, pubblicare poesia, leggere poesia, far leggere poesia ed ascoltare poesia ha tempi, ha relazioni, ha … amore implicito che deve esplicitarsi secondo canoni altri, diversi da quelli attesi dall’istituzione. Vuoi per la verità, vuoi per l’onestà, vuoi per l’emozione ed il sentimento, vuoi perché il proprio nome e quello degli altri “non deve mai essere scritto sull’acqua”. Ecco la prima grande cifra. E poi ancora, fra i vari “vuoi” ci imbattiamo nell’identità, nell’essere, nel soggetto, nell’individuo, nella persona. Ed ecco allora la seconda cifra, forse più impegnativa ancora: “l’Io é/e un Altro”. La reciprocità cioè… il vero genio discreto della poesia per la pace. Rimbaud ha fatto scuola.

    E così partiamo. Per comunicare, per raggiungere il pubblico target, inventiamo i testimonial del progetto stesso, ovvero i poeti affermati non solo di Trieste ma dell’Euroregione. Questa è un’invenzione, una proposta del presidente della regione Friuli Venezia Giulia, Riccardo Illy, che è di più che un allargamento di Alpe Adria. E’ una indicazione di comunità, di casa più grande che ambisce ad una soggettività o personalità giuridica di scambi reali, di neo massa critica.

    E così, per primi della società civile, promuoviamo incontri con i poeti dell’Euroregione (Istria, Quarnero, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Slovenia, Baviera, Croazia) a Trieste, Monfalcone, Gorizia, Fiume, e di nuovo a Trieste. Nonostante i caldi estivi gli incontri sono davvero affollati e la stampa dà notizia. Addirittura a Monfalcone il sindaco concede ai poeti il possesso totale della sala consigliare: chissà, Platone ne gioirebbe. Ma non solo: eccoci numerosi nelle case di riposo, nelle strutture protette, in R.S.A..

    Così la pubblicità segue il lento evolversi delle cose del progetto e lo enfatizza, anche con le televisioni locali - Tele4 ci ha riservato una trasmissione nella serie over ’60 - e regionali ed in maniera particolarmente attenta la Rai-Tv del FVG con un ampio servizio ripetuto su televisione ed in radio. I costi diventano sostenibili e la pubblicità è garantita da spin off (reading ed incontri e dialoghi fra poeti dell’Euroregione) che sono pratica poetica, best practice.

    Il risultato è che sono giunte alla sede dell’associazione promotrice - Iniziativa Europea - centinaia e centinaia di pagine di brevi racconti e poesie ma non solo dalla regione F.V.G. bensì dal Veneto, dalla Lombardia, dall’Istria, dal Piemonte, dal Lazio, dall’Emilia Romagna, e dalla Toscana. Da quelle scritte a mano, magari su carta a quadretti, con una grafia che ricorda quella della infanzia scolastica a quelle che presentano segni di tremore, da quelle scritte a macchina, magari la lettera 22, a quelle scritte con il p.c. o fotocopiate da qualche avvenuta pubblicazione, forse pagata con la pensione. Ma anche qualche dischetto in word.

    Intanto, mentre si viaggia, si incontra e si propone e si coagula consenso e partecipazione, mettendo in luce una sensibilità dei poeti che supera il pregiudizio circa il loro narcisismo ed individualismo, nasce il primo libretto fra queste complesse spirali. E’ la proposta pratica, insperata, è l’esempio concreto della poesia onesta che trova spazio.

    Il libretto, non assolutamente paludato, ma intenso e profondo, di ampio respiro e stimolazione ha come autore Edoardo Kanzian che, volontaristicamente, fa l’animatore culturale nel senso che legge tantissimo ed organizza incontri “corsari” sui temi della letteratura, poesia, cultura, politica almeno due volte per settimana. Riesce a trovare sinergie inspiegabili per avere i luoghi di incontro gratis. Fa baruffa con parecchi, specie quelli specializzati nella rincorsa degli spazi di potere e se la prende con il quotidiano principale perché non gli offre quegli spazi di diffusione come lui vorrebbe. E’ il nostro più fedele e fidato promoter e critico. E, il libretto, è anche un modello, un esempio: si può fare! E così ci provano in tanti.

    Allora empowerment, si può dire, sì certamente, ma anche cooperazione e non solo competizione e sfida come si dice e si abusa oggi. Non è solo una autorizzazione concessa da qualche status sociale a qualche altro per fargli giocare un ruolo, è un’azione che trasferisce poteri di esserci davvero, indipendentemente dalle rigidità istituzionali. Cooperare per scoprire l’anima, il senso, l’universale comune, le particolarità che non sono soltanto delle singolarità ma toccano ora l’uno ora l’altro anche se in maniera differente. Ed è proprio per queste differenze che abbiamo la parola che tra-duce, tra-sporta all’Altro che è anche l’Io. Vi pare poco?

    Il fatto che 10/15/20 e più animatori, 10/15/20 e più infermieri ed OSS sentano la necessità di chiedere all’anziano - che è loro assistito -, ovvero di rapportarsi per chiedere “poesia” e partecipazione, significa modificare, radicalmente modificare, il registro istituzionale di ricovero. Il fatto che centinaia di persone anziane, nei loro domicili, si sentano chiamate a partecipare al progetto da un’associazione non conosciuta più di tanto ma che esce e diventa visibile ed è “circondata” da poeti noti, dà quella fiducia che non dovrà mai essere tradita. E si partecipa, come si può, ma lo si fa. Il fatto che 10/15/20 e più poeti dicano agli anziani che anche loro “possono” significa riconoscere, stare nella reciprocità e stimolare. Non solo stimolare: non è un’ideologia di ricambio. Ma è riconoscere che proprio “l’Io é/e un Altro”.

    Ed ecco spiegate il quasi migliaio di pagine ricevute. Ora tocca alla difficile arte di metterle insieme, di restituire il tutto in maniera completa con costi sostenibili. Perché si capisca, perché si è prodotto significato. Come afferma Orazio Maria Valastro in “m@gm@”[2] avviene la connessione fra strutture simboliche e sistemi relazionali. Non solo relazione - un tempo tanto in auge nel dominio dei servizi sociali e poi un po’ o parecchio calante - ma anche il simbolico. Relazione/simbolico diventa la fucina del senso attraverso ciò che sei in quanto narrante e poeta, nel nostro caso. Si passa dall’enfasi del disincanto a quella dell’incantamento, nel proiettarsi fuori. Un ben-invecchiare, direbbe il medico buono o della narrative medicine, una prevenzione della senescenza.

    Un arricchimento, una implementazione che passa per alcuni vettori principali:
    contaminazione (la società ed i soggetti che partecipano sono stati contaminati);
    ascolto (l’essere ascoltati ed ascoltare);
    sospensione del giudizio (liberarsi dal pregiudizio in quanto ci si trasforma in animatori/facilitatori del collettivo e del sociale ed in quanto si prende fiducia nel proprio Io scrivendo, appunto);
    ruolo;
    reiterazione cioè ritorno all’oggetto per riviverlo e modificarne o rinnovarne il senso;
    socializzazione;
    riprogettazione;
    solidarietà interattiva per il recupero immediato dello status;
    identità/alterità.

    La discrezionalità che ne consegue nell’attività pratica, per fortuna, è elevata come la possibilità di azione degli stessi attori e target del progetto. Se così non fosse, come sarebbe possibile, ad esempio, una contaminazione? (sarebbe un’imposizione, un comando, un ordine, un trattamento sanitario in senso stretto, ideologia di ricambio cioè.) Il deficit model ha sempre accompagnato il percorso culturale e sociale di ognuno ed è stato indubbiamente influenzato in larghissima dismisura dall’influenza delle teorie medico-biologiche sull’invecchiamento e ci ha fatto pensare che il decadimento, la perdita delle forze, l’aumento delle patologie siano sinonimi di “anziano/a”.

    Ricordiamoci che si credeva fino a pochi lustri fa che l’intelligenza diminuisse dopo i 30anni grazie all’impianto degli studi cross cohort che erano di tipo trasversale. Gli studi longitudinali hanno dimostrato che l’intelligenza resta sostanzialmente intatta anche oltre i 60anni ed anzi che, per alcuni aspetti, migliora. L’interazione dinamica fra l’individuo-che-cambia ed il contesto che sua volta sta cambiando significa appunto lo sviluppo positivo. Purtroppo ci capita molto spesso di incontrare resistenze in nome di poteri e tradizioni varie che vorrebbero evitare il cambiamento, come se non esistesse la teoria del caos. Pensiamo un momento: lo vediamo un cuore che perde la sua caoticità? (solo con la morte!). E così è, in brevissimo, anche per l’identità che non è mai monoliticamente data e preformata.

    Identità (facile etimo per alcune politiche gridate e schiave della paura ma poco identitarie proprio perché timorose della cultura altrui e della contaminazione) sembra cedere il posto all’Alterità, cioè alla capacità di capire l’altro in tutta la pienezza della sua dignità, dei suoi diritti e soprattutto della sua diversità in quanto singolarità storica e psicologica dei vissuti. Meno conflitto allora. Si sostiene il primato della persona e per niente il proprio egotismo o primato della propria istituzione che altro non è che l’estensione della volontà di potenza di un super io in espansione. Ma non si cade nel vetero predominio del trionfo dello spirito sulla materia.

    Abbiamo messo in forma una percezione nuova attraverso un’intelligenza sociale che mette in relazione e riforma i nostri pensieri percependo appunto un rapporto, anzi, una non-scissione fra persona e corpo. Il corpo dell’anziano/a è persona. L’Altro è composizione di una realtà frammentata e composita e multiforme che già ci disse Platone col Sofista: altro (tháteron). Di fronte all’unicità dello stampo, della forma, del calco, dello stereotipo, dell’impronta, del modello sta l’indeterminazione di una natura pronta ad accogliere anche se in maniera instabile ed imperfetta, forme e qualità sempre diverse. Come i ruoli polimorfi, gli sguardi, i rapporti, le relazioni.

    La corporeità è l’espressione della singolarità che caratterizza la persona e forse la definisce nella sua unicità perché “io mi percepisco come unico a partire dal mio corpo e comprendo gli altri come esistenza corporea”. Il corpo mio incontra altri corpi che non sono i miei; ma li incontra e si rapporta con persone e collettivi come scenario. Ma proprio il corpo - malandato o ben strutturato - ci consente l’individuazione dell’altro e diventa solo segnale che rimanda, appunto all’altro, depotenziando la materialità stessa della senescenza, della vecchiaia e traducendole in relazioni interpersonali.

    Sensibilità e dialogica. L’altro non è più il “barbaro” ed allora si è nella civitas in quanto cives. Noi siamo noi perché viviamo al nostro domicilio oppure siamo noi perché non solo abbiamo un domicilio: siamo la risultante di un processo complesso di mescidanza. Il diritto di cittadinanza è replicabile all’infinito mentre il diritto del ghenos no.

    L’alterità nel mondo globale in cui il corpo unico è a contatto con tutto e tutti mette in crisi il confine del ghenos ma anche il paradigma parziale del liberalismo e del multiculturalismo che mettevano l’enfasi sulla libertà di profitto generalizzata o di espressione, ma in un contesto dato, prefissato, scontato e dunque “immodificabile”. Ecco, “Elderly Poetry/Aetas Poetica” fa uscire le alterità e le fa rovesciare nel mondo e fa dire alle istituzioni che esse non possono essere sospese dalla cittadinanza (né tanto meno sospenderla), anche se sono quelle del ricovero e della protezione.

    A partire dal corpo - che oggi è immagine e spettacolo - si fa epoché del suo valore di esposizione. Diventa esposto, tout court. Si veste e si media con la poesia e si espone di nuovo con la relazione. Nella ideologia di ricambio la medicina trasforma, ad esempio, l’ermafrodita - il caso (patologico) - in caso scientifico, in scienza. Noi trasformiamo l’anziano in poesia, se non altro alcuni, praticamente. Alla portata di tutti, di ogni ascoltatore. Una capacità di cross-modality che dà forme nuove che si integrano in simboli complicati come è appunto “Elderly Poetry/Aetas Poetica”.

    L’immagine mnemonica che si riferisce o rappresenta il passato di un’esperienza vissuta (la vita) non è ancora simbolo e tanto meno senso. Lo diventa quando in quel dettaglio di passato o di presente è sottinteso tutto un arco di tempo che essa è in grado di evocare con un rapporto di simmetria parziale. Mentre il segno rimanda, nel caso poetico è indipendente dalla convenzione culturale. La “viola sbocciata”, infatti, indica o segna che è arrivata la primavera; ma è assai diversa da quella dei versi di Paolo Universo, plaquette “poesie giovanili” 1967-1972: la primavera/ è tutta qui/ stasera/ in questa viola/ che mi muore/ in mano).

    Bellezza, intensità, profumo, emozione sono un movimento dell’animo e non solo proprietà del segno. Il simbolo col suo mettere in rapporto significati diversi si configura in una triplice dimensione:
    dimensione fantasmatica che crea un secondo universo che esiste nella nostra singola mente;
    dimensione cognitiva che fornisce una chiave di comprensione dell’universo;
    dimensione affettiva che permette l’elaborazione del dolore della vita.

    La messa in forma delle tre dimensioni costruisce il senso percepibile da chiunque ascolti, si relazioni. Già, ci si relaziona anche con quanto la nostra mente non sa percepire e conoscere della complessità psichica come l’inconscio, appunto. Oppure come la repressione e l’esclusione sociale ammantata di razionalizzazione, di ideologia, di mercato. Nel nostro proposito si tratta e si è trattato con “Elderly Poetry/Aetas Poetica” di arrestare il deterioramento subito nell’immagine del Sé attraverso la ripresa di una sua simbolizzazione.

    Anche con una ricomposizione e messa in discussione dei confini dell’Io, del Sé, dello spazio, della civitas, della società attraverso la messa in campo di un processo assai meno confuso che fa saltare i registri di onnipotenza e di annientamento e richiama solidarietà e fa dire “l’avete intimato”. Ma in fondo … no era altro che il progetto dell’età libera con il rifiuto di costi aggiuntivi ma attivo nella creazione di spin off a favore dell’età libera, appunto.


    NOTE

    1] Il progetto Elderly Poetry/Aetas Poetica, ovvero la poesia della e nella terza età come pratica di ri-costruzione di senso.
    2] Orazio Maria Valastro, “Immaginario, narrazione e scrittura di sé: le pratiche narrative come spazio transizionale e luogo dell’immaginario per reincantare se stessi e il mondo”, in Federico Batini (a cura di) Narrazione e empowerment, m@gm@ rivista elettronica di scienze umane e sociali, vol.4 n.3 luglio-settembre 2006.


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    M@gm@ ISSN 1721-9809
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