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  • Santé mentale et imaginaire social à l'âge de l'inclusion sociale
    Orazio Maria Valastro (sous la direction de)
    M@gm@ vol.4 n.4 Octobre-Décembre 2006

    BELLEZZA, ARMONIA SOCIALE, POESIA E SALUTE MENTALE Il paradosso dell'essere, dell'esilio continuo: l'armonia mancante e la salute mentale, nutrire il giorno


    Ettore Mosciano

    mosciano.ettore@tele2.it
    Ettore Mosciàno è nato a Chieti nel 1941. Dopo il conseguimento del diploma in chimica industriale ha lavorato nell'industria chimica e in aziende farmaceutiche. Ha maturato esperienze nel campo delle arti figurative, teatrali e cinematografiche. E' stato collaboratore della rivista di attualità culturali "Presenze". Suoi scritti sono stati pubblicati sull'antologia "Versi in tasca - Omaggio a Ungaretti". Ha pubblicato "Tempo contro tempo - Poesie ed altri scritti" (1979); "La pittura 'Nada' o del linguaggio trasformazionale" (1987), sulle pulsioni dell'arte pittorica contemporanea. Dal 1970 vive a Roma, dove svolge la sua attività di insegnante in una scuola media.

    L'armonia mancante e la salute mentale: il bosco e il labirinto

    In un mondo di sopraffazione delle immagini e dei linguaggi verbali ed artistici, ciò che l'uomo principalmernte avverte, nella sua essenza di essere persona, è la sovrapposizione, oggi quasi istantanea, dei diversi linguaggi della comunicazione. Se ciò, fino a qualche decennio fa, poteva creare facile entusiasmo, ora, nel “gioco” del relativismo dei valori etici e della strafottenza-sfacciataggine anche nelle alte sfere della editoria e delle istituzioni politiche, ci sottomette ad una lacerazione psichica ed al timore-paura di non esserci, di non seguire il mondo, gli avvenimenti. E questa sensazione è sempre più pesante con l'avanzare dell'età.

    La centralità di un'analisi qualitativa di questa fenomenologia va ricercata nella virtù educativa dell'armonia. Siamo nel labirinto senza filo della mistificazione.

    Tace Ermione, ma il bosco pullula di “voci” di streghe, ranocchi e lupi, non di suoni lievi e cadenzati della natura. Armonia-Ermione ha solo energia umana, non artifizi di motori, per poter consolidare la propria identità e la propria serenità. La salute mentale chiede l'armonia, la bellezza, la poesia come atto quotidiano.

    La crisi dei valori nella società attuale è crisi dei valori etici e della educazione estetica, della perdita di umana armonia

    La narrazione poetica, nella sua esposizione tematica e stilistica e nell'interrogazione che ad essa è sottesa, è l'esigenza di collegamento e rivisitazione continua di uno spirito storico e di un vissuto di tradizioni spirituali millenarie (antropologia culturale). Tale esigenza di poesia, come armonia, lirismo della vita, è la stessa richiesta che sente la persona che viene a trovarsi nel disagio, nella rottura e nella conflittualità degli affetti, nella mancanza di una integrazione sociale, nella necessità accompagnata da timore che si ha col ricovero in strutture sanitarie. In queste occasioni si ha perdita di salute mentale, di bellezza psichica e spirituale.

    Si vive, si corre, si hanno mille incombenze, e tutto si giustifica troppo spesso con doveri da assolvere, a cui le istituzioni pubbliche e private ci chiamano con il lavoro. A ciò si aggiungano le continue sollecitazioni con cui i mezzi di comunicazione ci chiamano a consumare e vivere, vedere, partecipare. In questa caotica sollecitazione ha facile giuoco il disagio, la salute mentale che perde il suo equilibrio, la sua armonia, la sua bellezza.

    Il pensiero e la narrazione, e con essi le azioni, o si fanno con armonia e bellezza o non raggiungono il fine, che è quello di vincere il disagio. Quali e quanti operatori che lavorano per la salute mentale si offrono a questa analisi? Come la ricostruzione? Con quali mezzi?

    Bene. Se la bellezza è una qualità dell'educazione e dello spirito, il malessere, lo star male, il disagio esistenziale richiedono l'armonia come "ricostituente". L'idea di bellezza che io indico è quella legata a valori di lunga tradizione, essendo opinabili le idee di bellezza legate alle mode estetiche ed al gusto. Ma, se io trovo, tra le esigenze primarie dell'uomo, il bisogno di una idealità di qualcosa che è altro da sé, a cui tendere e proiettarsi come valore di un sentimento allargato, come nelle tradizioni religiose, vuol dire che quell'idea di bellezza è più condivisibile di altre.

    In questo senso l'uomo contemporaneo è nella sua storia culturale più vera e significativa. La narrazione poetica, così come qualsiasi altra narrazione personale intima del proprio vissuto e del proprio disagio, deve fare ed avere considerazione della crescita ottimale di una spiritualità nella bellezza. Ma la bellezza e l'armonia richiedono lo scarto di ciò che non costruisce continuità e contiguità tra la mia natura e quella ambientale; ciò significa scegliere, “scartando”, le immagini e i pensieri della mia sofferenza, per ritrovare la spiritualità sentita di appartenenza.

    Agio e disagio, in cui si vive, richiedono scelta e scarto. Scegliere non è un atto di debolezza dell'uomo, ma consapevolezza ed educazione culturale esplicate attraverso le azioni (il fare) e la comunicazione; questi sono i soli fatti psico-fisici che possano portarmi all'estetica del bello ed a quella armonia che si vuole conquistare o riconquistare.

    Chi opera per la bellezza come "ricostituente"? Le belle immagini della pubblicità patinata non suppliscono certamente la strafottente volgarità dei costumi e dei comportamenti, la superficialità nell'impegno al proprio dovere, specialmente nei luoghi di cura e di protezione della salute. Ci si accontenta, ma siamo in esilio continuo, tra l'esserci e il non esserci, vincendo giornalmente le irritazioni.

    Nella mia esperienza e nella esigenza di costruire o ricostruire, modificando un modo di vivere, per dare un senso di valore alla mia esistenza, ho spesso cercato ed espresso l'armonia attraverso il linguaggio poetico. L'armonia interiore è un'esigenza di bellezza da comunicare e trasmettere agli altri. Ci si educa all'armonia, alla bellezza, alle varie fonti che esprimono bellezza. Faccio ricorso alla poesia, "esponendomi" con un po’ di lirismo (spero che sia così).

    Il paradosso dell'essere

    Ti ricordo, fratello, in un messaggio
    che giungeva via mare, nel vetro di bottiglia;
    ed anche virtuoso cercato tra le strade di Atene
    dal Diogene irriso, con la lanterna in mano.

    Sei ancora lo strumento e il mezzo
    già portati in radice nel tuo gene,
    carico dell'avventura che nei mari del pensiero
    da eliche proteiche ha generato la parola.

    La chimica biologica ha denti nella mente,
    e combina sapori dolci e amari degli umori
    passati e prossimi del mondo, e di quello a venire.

    Non un esilio sacro, né il mito, coglie l'uomo nuovo,
    ora che l'attuale celebrato occhio
    fissa visioni mosse da altri sugli schermi,
    e la misura della nostra riflessione sbocca,
    viaggia in dispersione, vincendo irritazioni.

    E' il paradosso dell'esilio ambiguo,
    dell'esserci non esserci, profanità
    che si impone e ci adegua al mondo che cambia,
    e fa del sublime inezia, e della notte il giorno,
    apre il varco a pensieri impazziti e resistenti:
    il labirinto che non ha più filo, e i mostri
    con intrecciati lacci, in mille simbolici linguaggi,
    urlano con sarcasmo e con la boria.

    Verranno ancora, per aria, terra e fuoco,
    acque e lune nuove, schiamazzi, trucchi e giuochi:
    una cascata di cellule mentali misura il salto e il buio
    e il vetro di bottiglia col messaggio incluso
    per valori supremi, in disperazione, di quest'uomo parziale
    che ha nella contesa la cifra e la radice,
    la richiesta di distruggere finzioni e maschere,
    (la poesia).

    "Il paradosso nell'esilio ambiguo", che è distanza e allontanamento, esilio procurato direttamente o indirettamente da altri, è il riflesso e l'espressione del disagio esistenziale. Si può restare nel disagio, sottomessi ad una lacerazione psichica della perdita di una consuetudine affettiva familiare, perdita della bellezza sensoriale dell'occhio sulla natura, perdita di un ascolto spirituale collettivo.

    La mancanza di partecipazione, la ferita o la frattura, è interruzione avvenuta o avvertita di una tradizione, timore e paura di non esserci nelle attenzioni e negli affetti di qualcuno, di non poter seguire il mondo secondo le proprie aspettative; gli avvenimenti ci sorpassano, siamo ignorati: cioè, non abbiamo valore.

    Tutto continua ad accadere e ad essere fatto, senza di noi, nonostante il nostro diverso bisogno di intendere il problema sociale, l'etica dei valori e dei comportamenti, intendere le scelte e le priorità. E questa sensazione è sempre più pesante con l'avanzare dell'età. Ciò comporta un ripensamento dell'esistente e dell'inclusione sociale della persona nella sua storia.

    Quale storia ci contiene, con forte e sostanziale carica di armonia interiore, se non quella che ci "lega"ai sentimenti sacrali, alla spiritualità religiosa, alle tradizioni religiose, e ai temi dei nostri rapporti con la natura e l'universo? In queste tradizioni troviamo indicazioni, uomini, dottrine, che invitano l'uomo e la collettività a seguire la virtù morale del bene, operare con coscienza, rispettare gli altri, le leggi, avere cura della natura.

    Siamo nel labirinto senza filo della mistificazione. Siamo considerati individui da coinvolgere nel marasma e non persone con esigenze collettive armonizzate. Dove il risveglio, dove e cosa cercare? Quale la forma della transizione del messaggio con l'altro da sé? Insegnare l'armonia con approccio sistemico, attraverso la parola, la buona educazione, la scelta morale tra le ipotesi possibili delle azioni, dei comportamenti. Si propongano documentari sulle forme armoniche della natura, sulle figure armoniche dell'arte figurativa, si ascolti l'armonia musicale, la recitazione poetica, si dia la narrazione per immagini di vite edificanti.

    "Gli operatori di armonia" dovrebbero trovare una incisiva localizzazione come figure di "distribuzione" di quella bellezza, nella quale loro stessi siano stati formati. "Distribuire" la bellezza significa tentare il percorso dell'armonia esistenziale, dello stare in famiglia, nella società.

    La poesia è uno dei mezzi di comunicazione con cui si cerca di trasmettere una spiritualità costruttiva di armonia con tutta la natura, con se stessi, con gli altri. Se io sono il seme di una natura, devo cercare la bellezza nel luoghi e negli aspetti fenomenici in cui sono connaturato; od anche tra le figure di persone che hanno vissuto e vivono nell'esemplare comportamento con le loro azioni o con la loro manifesta spiritualità. Si legge, si osserva e ci si informa per questo, per l'edificazione morale-etica, con la scelta delle proposte che ci pervengono, per il desiderio di sintetizzare una bellezza interiore.

    Nella filosofia classica si discuteva sulla natura del bello, del vero e del bene: le tre idealizzazioni verso le quali avrebbero dovuto concorrere i popoli con le loro azioni, per una ipotetica e possibile armonia di vita e di salute mentale. Le tre idealizzazioni comportano la richiesta di qualità, che è scelta di azioni e di messaggi di comunicazione.

    Lo "star fuori", l'esilio del poeta e del malato, del disagio psico-fisico, va ricondotto alla soddisfazione di armonia e al desiderio di riaffacciarsi alla Natura, di viaggiare con gli occhi e con la mente negli spazi di appartenenza fisica e spirituale, come lettura di memoria genetica. Il poeta sfoga il suo desiderio scrivendo, esaltandosi nella sua comunicazione lirica di volontà-immagine spiritualmente costruita. Più che letteratura, il poeta fa un'operazione di eco-psicologia.

    Come pensare e a cosa rivolgere il pensiero per avere una vita confortata da armonia e bellezza? Educare il pensiero e l'esigenza di spiritualità poetica significa educare le azioni, le prospettive di realizzazione della propria vita, consapevolmente, e riproporle agli altri. Nella spiritualità religiosa, ad esempio, come già è nell'etimo della "cosa che lega", la fede è la qualità-virtù che mi inserisce in una armonia collettiva: valori morali condivisi e trascritti in una dottrina, in cui la salute mentale e spirituale ritrova la bellezza, il sollievo nella lettura di una narrazione. Cos'è la spiritualità, se non un'eco-psicologia sublimata?

    Ma ... chi ha la forza di riproporre una nuova inclusione dell'etica della bellezza e delle arti nella società attuale? Il drago ha mille teste! Le mistificazioni sono tante.

    Anomia e clinica dell'arte

    Nell'arte, la filosofia estetica come conoscenza e percezione del sensibile (effetti prodotti sugli organi di senso) ha sempre più assunto, nel corso dei secoli, valori di una teoria della conoscenza intellettivo-cerebrale, cioè di una filosofia della logica. E' indiscutibile che a creare questo “equivoco”, ed a perpetuare nella cultura attuale questa sana “ambiguità”, abbiano incisivamente contribuito prima di tutto le poetiche degli artisti, l'iconografia delle loro opere e, successivamente, l'interpretazione in chiave filosofica, sociologica, psicologica da parte dei critici e dei letterati in genere.

    Come nelle più alte sfere delle filosofie esoteriche, l'accidentalità della critica estetica giunta al culmine della sua crisi espressiva, crisi attuale, crisi del fantomatico o dell'apparente morte dell'arte, mostra il segno di una poco convincente e probabile rinascita come “logica dei fenomeni”. “Logica della energia intellettiva-trasformatrice” con la quale tutto è possibile, in arte, poiché tutto ciò che accade fa parte di questa umanità. L'arte, allora, diventa universale perché “descrivendo” la fenomenologia “tocca” il complesso delle problematiche umane.

    L'imitazione delle forme, l'immaginazione, la trasposizione, l'astrazione, l'informe, la concretizzazione oggettuale (body art, land art, pop art, ecc.) creano il complesso di quei fenomeni espressivi che hanno spalancato alla “clinica dell'arte”. La clinica, in questo senso, acquista valore di laboratorio di probabile diagnosi e di maneggio sull'opera d'arte.

    Accade, però, oggi, che nella produzione clinica e nel maneggio non si trovi memoria o che vi sia un eccesso di codici memoriali, per cui la dichiarazione intenzionale dell'artista e l'interpretazione critica siano sempre più improbabili, per identità non completamente definibili e delimitabili col tempo e, quindi, l'opera rimane aperta a più diagnosi, in quanto senza nominatività e nomenclatura, senza regole e senza legge; cioè è nell'anomia: prodotto che resta nella clinica, fantasma irriverente, preoccupante.

    Nessuno ha l'ardire di “ridefinire” l'arte. La descrizione fenomenologia dell'arte nella clinica non ha più virtù canoniche e, d'altra parte, le enunciazioni fenomenologiche sono strade irte di nuovi pericoli, per il loro riferimento socio-culturale onnicomprensivo, sia da parte degli artisti sia da quella dei critici e dei filosofi. La clinica è invasa da casi di (apparente) ipotetica patologia. Questi casi “si esprimono” con uno stile; lo stile è maniera e tecnica dell'espressione clinica.

    I prodotti dell'espressione clinica hanno, tuttavia, forme diverse: la figurazione sensibile, la trasfigurazione del sensibile (metafisica), la forma di una pura fantasia (l'informe) (forma non ancora codificata: ma fino a quando? Il matematico francese Mandelbrot con lo studio dei frattali - le forme rotte - che non si rifà più alla geometria euclidea, porta già avanti da qualche anno una teoria sullo studio dell'informe) ed ancora la forma oggettuale in situazione o in azione (installazioni e comportamenti).

    Intendiamoci, nella clinica non si parla sempre la stessa lingua, anzi, per molti “casi” il linguaggio è assente: la parola della forma, per molti artisti delle ultime generazioni, è un'espressione sterile.

    L'interpretazione cronologico-storica delle espressioni artistiche qui non interessa; essa non è che uno dei tanti modi, e neppure il più valido, per comprendere l'arte. Non c'è nessun vantaggio nel restare confinati in cicli e settori culturali che si succedono nel tempo (come in trance o in sogno) durante l'analisi fenomenologica. Si vive solo simultaneamente su piani paralleli in tutti gli schemi culturali, pur restando coscienti.

    Si ha bisogno di interventi pubblici di ricostruzione estetica, a mio parere. Le analisi sono generose ed utili, ma da troppo tempo se ne fanno, senza sapere-potere intervenire nelle aree culturali e sociali di rilievo e di significanza. Bisogna "nutrire il giorno, tutti i giorni, con la bellezza e la poesia": questa deve essere la nuova energia della interconnessione collettiva, la blogosfera, l'analisi qualitativa della comunicazione, l'arte dell'espressione, del segno e del gesto.

    Come “nutrire” il giorno nel disagio?

    Nutrire il giorno
    dell'antico che non ha traguardo.
    Dalla terra e dal cielo
    penetrate parole nella nostra pelle.
    Miracoli per tutti i sogni e gli incubi:
    il passato, l'avventura dei sensi
    le risposte alle domande
    della macchia chiara sul muro
    e del rimosso quadro.
    Fragile e vaga, e oscillante
    è la ragione, e incerta misura ogni giorno
    di ciò che accade.
    Il giorno al giorno messaggio
    ogni stagione propizia alle ali
    ogni occhio sulla radiosa bellezza.
    Tutti i fiumi specchiano la luce.
    Tutti i fiumi nell'uomo, di grado a loro modo.
    Lo spazio aperto e il mutamento
    con ogni singolo pensiero risanando.

    La poesia come racconto, ma anche mezzo per richiamare la spiritualità, "l'altrove che arricchisce questo momento" e che mantiene e continua una tradizione culturale e spirituale di quanti ci hanno preceduto nella storia della letteratura e delle arti. Il poeta è colui che interpreta l'anima culturale della narrazione esistenziale e del suo intreccio, delle sue varie espressioni nel tempo; egli inventa l'uomo interiore e lo documenta: è la persona che sta nell'antropologia culturale e biologica, è l'autentica creatura della storia che tiene lo sguardo sulla realtà della vita. A questa vita, ed alla natura, il poeta ricambia il dono dell'esservi dentro, con la sua scrittura.

    Nei sentimenti dell'uomo, e nella sua esigenza di bellezza, è il desiderio ragionevole di interpretare ciò che accade, interiorizzandolo, per dare valore alla nostra natura nella comunità e sentirci partecipi. Dove non vi è poesia, non vi è bellezza psichica. Il poeta scrive per far capire, far sentire, vedere, percepire altro, al di là dei frettolosi spostamenti nella vita quotidiana. Chi è il poeta? Un figlio del suo tempo: non un saggio, né un filosofo.

    Nella natura dell'universo, solo l'uomo può esprimere il suo pensiero. La poesia è pensiero manifestato attraverso la scrittura, la lingua, l'epifania creativa della propria lingua. La natura accoglie gli uomini e li colloca, manifesta i suoi orrori e la sua bellezza, appare, diviene, manda messaggi: l'uomo interpreta e vede le trasformazioni del creato, estrapola il linguaggio di una natura muta che l'invita al pensiero, alla descrizione, alla poesia.

    L'oralità è acqua, fiume, mare, oceano, aria, fuoco, terra, informi. La forma della scrittura poetica è l'identità più alta del linguaggio e della letteratura ed appartiene all'uomo, al suo pensare, alla sua scrittura. Cosa scrive l'uomo? Come scrive la sua poesia? Qual è la forma della poesia? La poesia è nell’idea che nasce e nell'immagine che il pensiero delinea, attraverso un linguaggio appropriato, svelando ed ampliando, con la sua testimonianza, ciò che era assente e che, nato dal singolo uomo, può essere trasferito ad altri per evocare in essi nuove e continue percezioni, renderlo partecipe di un concetto di bellezza o di denuncia di pericolo a danno della bellezza.

    L’attività poetica è un modo di ridare armonia alle umane sofferenze, alle distorsioni del linguaggio, alla sua manipolazione e mistificazione, alla prevaricazione-induzione alla passività. La poesia, quando è vera poesia, e non produzione spuria di parole assemblate, sublima il linguaggio e la comunicazione; i concetti assumono nuovo valore nella relazione con il privato che ne vuole essere coinvolto per scelta e sensibilità; dunque, la parola poetica richiede attenzione, concentrazione, riflessione: una proiezione ed una introspezione, un trovarsi nella scrittura, nel sentirsi uniti in un appagamento, in una ricerca di come si vuol essere vicino agli altri, con il polso, il sangue ed i muscoli.

    La lingua poetica pone un margine alla brutalità e alla volgarità del quotidiano: una volontà purificatrice, la non accettazione del divenire nella consuetudine e nella superficialità; essa è la spinta all'approfondimento della conoscenza attraverso un risveglio dei sensi, nel non essere sempre e soltanto nell'ordinario, nella conoscenza casuale e svogliata. E' la nostra voluta cecità (svogliatezza, faciloneria, disinteresse, mancanza di tempo) a non voler vedere personaggi di cui conosciamo il notevole spessore culturale e spirituale, e che ci hanno indicato attraverso la loro vita la via da seguire e gli interessi da coltivare.


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    M@gm@ ISSN 1721-9809
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